UN PIATTO CHE DESTA CURIOSITA’

Nel mio lungo percorso di mercante d’arte antica, ho comprato e venduto moltissima maiolica “Vecchia Savona ” quando per vecchia s’intende maioliche del XVII e del XVIII secolo, periodo in cui le fornaci di Savona e di Albissola produssero maioliche tra le più belle ed apprezzate in tutta Europa; é necessario ricordare che il segreto della porcellana dal 1300 circa, cioè da quando Marco Polo portò a Venezia i primi manufatti orientali, fu noto solo nel primo decennio del 1700, prima di questa data la produzione della ceramica fu realizzata da artigiani che comunque riuscirono a produrre opere di grande bellezza e, talvolta, di grande interesse artistico. Il nome di maiolica deriva dal fatto che il maggior centro d’importazione di maioliche fu l’isola di Maiorca in Spagna, qui i manufatti ispano/moreschi con i loro decori “calligrafici “, per molto tempo furono un po’ imitati da tutti, poi ogni regione e città si specializzò nel produrre opere originali che con la loro peculiarità fecero immediatamente riconoscere il luogo di provenienza. La produzione di maioliche in Liguria fu concentrata ad Albissola ed a Savona in Vicus Figulorum ( oggi Borgo Fornaci ); si sono trovate prove che anche a Genova nella Via Giulia ( attuale via XX Settembre ) ci furono fornaci che produssero maioliche, tuttavia la grossa produzione arrivò dalla Liguria di ponente. Come detto in un altro mio articolo, i lavoratori che si dedicarono alla fabbricazione delle stoviglie vennero chiamati ” figuli” e la loro ” arte ” venne definita “sottile “, per distinguerli dai fabbricanti di mattoni “arte grossa ” che vennero chiamati “maoneri ” . Veniamo dunque a parlare di questo piatto decorato in blu su fondo “berettino” (celeste), l’opera della fine del XVII secolo marchiata stemma, si rifà ad un episodio preso dalle “Metamorfosi ” di Ovidio, che vi narro in breve: il dio Pan, nato dall’amore tra il dio Ermes (il Mercurio dei Romani ) e la ninfa Penelope non aveva , diciamo così per usare un eufemismo, un aspetto accattivante, in parole povere in lingua genovese “o mettèiva anguscia ” aveva il corpo coperto di peli, due corna sulla testa, dalla bocca gli sporgevano due zanne giallastre ed aveva le gambe come due zampe di capra, in questo stato se ne andava per i boschi ed un giorno incontrò la ninfa Siringa, bastò solo uno sguardo e lui se ne innamorò perdutamente, lei al contrario, appena lo vide si diede ad una fuga disperata, ma una povera ninfa che può fare contro un semidio ? così quando Siringa si rese conto che non sarebbe riuscita a sfuggirgli, invocò Zeus ( il dio supremo ) di salvarla e il pietoso Zeus ( a cui piaceva scherzare ) trasformò la ninfa in un canneto, Pan lì per lì ci rimase male, ma poi fece buon viso a cattiva sorte , tagliò le canne le unì insieme e se ne fece uno strumento musicale, la “siringa ” appunto. Questa novella, nel piatto rappresentato, ha un finale diverso e meno drammatico, infatti ci mostra Pan che suona una tromba e Siringa un piffero, segno che, tutto sommato, un accordo si può sempre trovare senza scomodare Zeus.

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