ACQUASOLA UN POSTO DELLA MEMORIA

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In pieno centro di Genova vi è un parco pubblico che in passato ebbe molteplici usi, da leggendario bosco pagano a discarica di detriti, da cimitero per gli appestati  a luogo dove infliggere i supplizi e negli ultimi duecento anni luogo di passeggiate, feste e giochi per bambini ed adulti. Nel settecento e nell’ottocento qui veniva praticato l’ antico gioco del pallone, la palla doveva essere scagliata contro i bastioni delle antiche  mura poste a difesa della città  e poi recuperata dai giocatori di due squadre avversarie che, molto spesso, non molto sportivamente, facevano degenerare il gioco in risse e tumulti, ma stiamo parlando di due secoli or sono, oggi come oggi son cose che  non accadono più, all’ Acquasola naturalmente. Il gioco favoriva anche le scommesse e tra i più illustri scommettitori possiamo annoverare anche Ferdinando IV re delle due Sicilie.  Oggi, dopo anni di abbandono e di liti sull’ utilizzazione di quest’area, Acquasola è tornata ad essere il parco per antonomasia dei genovesi.

acquasola d. del pino - g. piaggio prima della ristrutturazione del barabino 1818 c. incisione

Acquasola in una stampa acquarellata dell’ inizio del XIX secolo

LA VILLA DEI FANTASMI

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A Marassi ( Genova), soffocata dallo stadio di calcio e dai palazzi costruiti nel primo dopo guerra in corso Alessandro de Stefanis, c’è una villa che i nobili Centurione si fecero edificare nella seconda metà del ‘500. La zona a quel tempo era prettamente agricola, gli insediamenti erano rari se si esclude alcune costruzioni rurali ed alcune residenze estive di famiglie aristocratiche genovesi che se le fecero costruire sulla sponda sinistra del torrente Bisagno ai piedi delle colline che lo circondavano. La villa, come detto, perse completamente il suo rapporto con il territorio circostante pur mantenendosi sostanzialmente integra nonostante i diversi passaggi di proprietà, anche la decorazione degli interni è emblematica di quel gruppo di frescanti e decoratori che troviamo in altre dimore patrizie di campagna: Bernardo Castello allievo del Cambiaso, Andrea Semino ed i fratelli Calvi decorarono pareti e soffitti della villa e proprio questi affreschi, a mio avviso, fecero nascere la credenza che la casa fosse infestata dai fantasmi. Nei primi anni 50 del secolo scorso la villa era da molti anni disabitata e con le finestre sfondate, una dimostrazione di coraggio da parte dei ragazzini era penetrare la sera negli antichi ambienti con una candela accesa e resistere almeno mezz’ora, non ricordo, a mia memoria, che qualcuno abbia resistito per più di 10 minuti.

Nella foto “Il ratto di Proserpina” dei fratelli Calvi

ROLLI DAYS

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A Genova ieri e oggi domenica 20 maggio si possono visitare i palazzi dei Rolli, tra i tanti capolavori che avrete l’ opportunità di vedere, visitate la chiesa della Santissima Annunziata del Vastato, li potrete ammirare il dipinto dell’ Ultima Cena realizzato nel 1618 dal pittore Giulio Cesare Procaccini ( Bologna 1574 – Milano 1625 ). E’ un’occasione unica per ammirare quest’ opera a livello del suolo stante che la sua collocazione abituale prima del restauro è nella contro facciata della chiesa a 16 metri d’ altezza. Per capire quest’opera splendida, emblematica del ‘600 lombardo, occorre fare alcune considerazioni, la prima che pittori come il Procaccini bolognese di nascita ma milanese d’adozione, il Cerano ( Giovanni Battista Crespi detto il ) ed il Morazzone ( Pier Francesco Mazzucchelli detto il ) ebbero una formazione dovuta a fattori fondamentali, uno fu la vita e le opere dei due cardinali Borromeo, san Carlo, uno dei principali protagonisti del programma figurativo del concilio di Trento e della contro riforma   e Federico arcivescovo  di Milano che nel 1620 istituirà L’ Accademia Ambrosiana per la formazione degli artisti, che aveva come linea guida quella di diffondere la fede attraverso le immagini sacre. Queste direttive incideranno in maniera sostanziale sul modo di fare pittura dei nostri e sulle scelte iconografiche dei dipinti.  Questo capolavoro dell’ Annunziata, chiaramente ispirato dal “Cenacolo” di Leonardo, ha un effetto scenografico che raggiunge fasi di grande intensità,  finalizzato ad una interpretazione della scena rappresentata  che  coinvolga emotivamente i fruitori del dipinto sul piano emozionale.

UN GIOIELLO PERDUTO NEI CARUGGI

parete absidale                    Nel centro storico di Genova, in via San Luca, venne costruita nel XII secolo  una chiesa gentilizia dedicata a questo santo evangelista, l’ abside di questo tempio perduto nei caruggi è contraddistinto da veri e propri capolavori: la parete absidale fu affrescata dal pittore Domenico Piola ( Genova 1630-1702 ) e rappresenta San Luca che predica il Vangelo alle folle mostrando il ritratto della Madonna, questo perché, secondo la tradizione, San Luca fu il primo che ritrasse il viso della Madre di Dio, l’altare maggiore fu realizzato da Daniello Solaro nel 1698 con marmo bianco di Carrara, marmo rosso di Verona e giallo di Siena ed infine la statua dell’ Immacolata, in marmo bianco scolpito, fu realizzata all’inizio del XVIII secolo da Filippo Parodi ( Genova 1630 – 1702 ) uno dei più grandi interpreti della statuaria barocca a Genova che qui, quasi giunto al termine della sua esistenza,  esprime  il meglio della sua poetica riuscendo a mediare la forza espressiva del Bernini, suo primo maestro, con la delicatezza del Puget che l’ aveva fortemente influenzato negli otto anni in cui l’ artista marsigliese lavorò a Genova.

UN CAPOLAVORO COSTATO 620 LIRE

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La nobile Orietta Spinola all’inizio dell’ottavo decennio del XVII secolo commissionò al grande scultore Filippo Parodi ( Genova 1630 – 1702 ) un Cristo deposto su legno scolpito ed intagliato pagandolo 600 lire, inoltre incaricò il pittore Domenico Piola ( Genova 1628 – 1703), uno dei più grandi interpreti dello stile barocco a Genova, di dipingerlo per 20 lire. Il Parodi, allievo a Roma del Bernini e suggestionato negli anni 60 del ‘600 dalle opere del Puget che a Genova lasciò numerose testimonianze della sua poetica scultorea, in questo Cristo esprime il meglio della sua maturità artistica, la cromia originale del Piola è oggi parzialmente nascosta dalle pesanti ridipinture ottocentesche, ma anche così la figura del Gesù esprime tutta la drammaticità ed il dolore per la morte dell’uomo Dio. La scultura si trova oggi in una cappella della chiesa di san Luca, originariamente chiesa gentilizia della famiglia Spinola che vicino possedeva un grande palazzo oggi sede della Galleria Nazionale ed una torre di difesa  che fu mozzata in tempi antichi ed  inglobata in un edificio.

UN PITTORE FIORENTINO A GENOVA

CHIESA S.MADDALENA

Di Sigismondo Betti, pittore fiorentino attivo tra il 1720 ed il 1765, se ne hanno scarse notizie biografiche, non si conosce con assoluta certezza neppure chi fu il suo maestro, alcuni propendono per il Puglieschi allievo del Dandini, altri per il Bonecchi discepolo del Sagrestani, certo è che nei suoi dipinti si nota uno stile piuttosto impersonale ed una certa frettolosa monotonia nella composizione,  il Betti fu molto corretto nel disegno fedele alla tradizione secentesca, a Genova visse per dieci anni e nel 1747 dipinse due affreschi nella chiesa di Santa Maria Maddalena sulle pareti laterali del transetto, raffiguranti episodi della vita di San Gerolamo Emiliani, quello mostrato nella foto, realizzato nella parete di sinistra, mostra la Vergine che libera dal carcere il Santo.

EUROFLORA 2018

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A Nervi (GE) in una serie di parchi d’ ispirazione romantica dal valore naturalistico inestimabile dove la flora mediterranea si sposa con piante tropicali ed esotiche è stata allestita quest’anno 2018 EUROFLORA. Nei parchi di Nervi palme d’ ogni tipo fanno compagnia  a cedri ed araucarie ombreggiate da pini marittimi secolari e da ulivi, ombrosi viali contornano pittoresche scenografie in cui vasti prati degradanti verso le scogliere della costa fanno da cornice, mentre tra il verde intenso dell’ erba fa capolino come un’ apparizione l’ azzurro indaco del mare. In questa meraviglia naturale sono incastonati come pietre preziose il museo Luxoro a Capolungo, il museo d’ arte moderna e la collezione Frugone custodita nella villa Grimaldi che appartenne ai Fassio, prestigiosa famiglia di armatori genovesi che nell’ottavo decennio del secolo scorso fu coinvolta in un fallimento voluto da chi slealmente voleva sbarazzarsi definitivamente di una concorrenza ingombrante e pur depredati di tutti i loro averi i Fassio chiusero il fallimento in attivo. Proprio qui in quest’ angolo di paradiso è stata allestita Euroflora, che pur non avendo le caratteristiche spettacolari dell’edizione 2011 realizzata nel complesso del Palasport di Genova, si è comunque rivelata un grande successo di pubblico con oltre 200.000 biglietti venduti.

euroflora 2011 (2)Euroflora 2011  palasport di Genova anno 2011

UN ANGELO NOCCHIERO

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Nel cimitero monumentale di Staglieno di Genova nel settore A, contraddistinta dal numero 25, vi è la tomba della famiglia Carpaneto per la quale Giovanni Scanzi realizzò nel 1886 questo gruppo statuario.  Lo Scanzi nato a Genova nel 1840 fu allievo alla Accademia Ligustica di Santo Varni e la maggior parte delle sue sculture si trova proprio in questo cimitero dove le famiglie più facoltose di Genova gli commissionarono i loro monumenti funebri. Per i Carpaneto realizzò questo splendido angelo nocchiero che sul piedistallo del monumento ha un’epigrafe che recita testualmente: ” Avventurato chi nel mare della vita ebbe nocchiero si fido “. Nel 1893 l’ imperatrice d’ Austria Elisabetta           ( Sissi per gli amici ) restò a lungo a contemplare questa scultura ammirandone la perfezione formale ed alla fine  fece ricopiare l’ epigrafe sul suo taccuino cosa che però non gli portò fortuna, pochi anni dopo nel 1898 mentre stava passeggiando  lungo le sponde del  lago di Ginevra fu assassinata da un anarchico italiano che la uccise con una lima colpendola al cuore.

I SUPERBI GRIFONI UMILIATI

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Se visiterete il “Galata” museo del mare a Genova, ad un certo punto della vostra visita vi troverete di fronte ad un grande stemma della città realizzato da un anonimo pittore ad olio su ardesia nella metà del XVII secolo, questo stemma  è un’opera proveniente dal palazzo dei Padri del Comune demolito nel 1838, da notare che i grifoni reggenti lo emblema della città, una croce rossa in campo bianco, non avevano le code tra le gambe, fu dopo i moti del 1849, nei quali i genovesi cercarono di riconquistare la libertà dal regno di Piemonte e Sardegna al quale la città fu regalata con i suoi possedimenti dai vincitori di Napoleone al Congresso di Vienna e dopo la feroce repressione perpetrata  dell’ esercito sabaudo  comandato dal generale Alfonso La Marmora, che  il re Vittorio Emanuele II pretese che i grifoni genovesi venissero dipinti con le code tra le gambe in segno di sottomissione, per umiliare la città che aveva osato ribellarsi al suo dominio.