Nell’anno del Signore 1522 le truppe imperiali di Carlo X comandate dal marchese di Pescara misero a ferro e fuoco la città di Genova. Genova a quel tempo era difesa da una cinta di mura obsolete e non più in grado di contrastare il violento attacco d’ un esercito nemico. I mercenari e le truppe regolari dell’imperatore invasero la città, trucidando i genovesi casa per casa, rubando tutto quello che poteva avere valore e violentando ogni donna trovata sul loro cammino, nessuna pietà per nessuno fossero anche vecchi e bambini tutti quelli che non riuscirono a fuggire furono uccisi. Questo fatto terribile, passato alla storia come “il sacco di Genova”, convinse i padri del Comune a predisporre la costruzione di
una possente cinta di nuove mura affidandone la costruzione all’ ingegnere Olgiati e all’architetto San Gallo. Uno dei varchi di queste mura era dove ora è il ponte Monumentale, veniva chiamata la porta di Santo Stefano perché era dominata dall’abbazia di Santo Stefano dove venne battezzato Cristoforo Colombo, era anche detta Porta degli Archi per il fatto che originariamente aveva un’apertura a tre fornici, la porta fu costruita in pietra di finale da Taddeo Carlone, scultore nato a Rovio presso il lago di Lugano nel 1543, con colonne doriche sormontate dalla statua del protomartire. Quando fu deciso l’ allargamento di via Giulia, ora via XX Settembre, nel 1896, la porta fu smontata pezzo per pezzo come fosse un gigantesco lego e rimontata in un varco delle mura del Prato dove ancora oggi è e resiste alle intemperie ed agli atti di vandalismo ignorata dai più.
