JACOPO DA VARAGINE E LA SUA “LEGENDA AUREA “

j da varagine

Jacopo da Varagine ( Varazze ) nacque tra il 1228 ed il 1229 e morì a Genova nel 1298, fu un personaggio importante non solo dal punto di vista religioso, fu arcivescovo di Genova dal 1292, ma anche politico, cercò di mettere pace tra le fazioni dei Ghibellini e dei Guelfi le cui lotte sconvolgevano il centro cittadino, sino a degenerare da parte Guelfa nell’ appiccare il fuoco al tetto della cattedrale di San Lorenzo a cui Jacopo dava una profonda valenza civica ed identitaria nella sua fusione simbolica con il Comune. Uomo di pace, storiografo, agiografo fu il vero creatore del mito delle origini di Genova con il suo scritto: ” Cronaca della Città di Genova dalle origini al 1297 ” oltre che della ” Legenda Aurea ” che ebbe diffusione europea e che influenzò per secoli L’ iconografia cristiana.

Il suo sepolcro era collocato nella chiesa di San Domenico, distrutta per volere del re di Piemonte e Sardegna Carlo Felice che in quell’ area fece edificare il teatro che porta il suo nome. Originariamente l’ arca dedicata a Jacopo era posta nel coro di sinistra rispetto all’ altar maggiore, probabilmente il sarcofago era inserito entro un’ edicola ma di questa non resta traccia, la statua funeraria in marmo bianco apuano databile alla fine del XIII secolo, fu fatta da un anonimo artista genovese e conservata nel museo d’ arte medioevale di Sant’ Agostino.  Oggi é visibile nella bella mostra allestita nella chiesa sconsacrata di S. Agostino ” Genova nel Medioevo. una capitale al tempo degli Embriaci “.

j da varagine particolare

Jacopo da Varagine ( Varazze ) particolare del sarcofago

” Le Casacce” un pretesto per darsele di santa ragione

Cristo moro

Cristo Moro di Domenico Bissone

Quando vennero emanati i decreti sulle processioni nel 1530 a Genova di Casacce ve n’ erano 20 distribuite tra i vari quartieri della città; ma che cosa erano le Casacce? in pratica ad ogni Casaccia corrispondeva un’ Oratorio ed il nome pari derivi da questa sorta di accomunare i vari casati, infatti la Casaccia era di fatto un insieme di confraternite caratterizzate da una sede comune ch’ era appunto l’ Oratorio  e da uno stile processionale particolare che le caratterizzava dalle altre. A Genova le più trendy, oggi diremmo così, erano quelle di Sant’ Antonio abate della Marina con il loro  ” Cristo  Bianco ” scolpito da Anton Maria Maragliano e quella di San Giacomo delle Fucine con il loro ” Cristo Moro ” scolpito da Domenico Bissone. Le processioni persero pian piano il carattere di manifestazioni di devozione popolare per diventare vere e proprie ostentazioni di sfarzo e di bravura e forza da parte dei portatori dei Cristi che talvolta raggiungevano o superavano il quintale di peso. Questi eventi  generavano un vero e proprio ” Tifo ” tra gli spettatori divisi tra le diverse ” Casacce ” che, non di rado, degenerava in vere e proprie risse da strada, con conseguenti facce ammaccate e teste rotte.

cristo bianco

Cristo Bianco di Anton Maria Maragliano

 

UNA RISURREZIONE DI LUCA CAMBIASO

luca cambiaso rissurrezione

Questa grande pala olio su tavola fa parte d’ una coppia  di dipinti ( l’ altro è la “Trasfigurazione “) realizzati dal pittore Luca Cambiaso ( Moneglia 1527 – El Escorial 1585 ) visibili nella chiesa di San Bartolomeo degli Armeni di Genova. Pur restando un pittore di maniera, Luca matura a Genova una personalità originalissima risultato d’ una  applicazione intellettuale che lo porterà, specialmente nei suoi disegni, ad anticipare di qualche secolo l’ esperienza cubista, Sgarbi lo definisce . ” …oltre che un pittore modernissimo, un visionario del manierismo… “.

I SEPOLCRI DI GENOVA

sepolcro chiesa Gesù

Nel Medio Evo a Genova era già diffusa la tradizione dei cosiddetti “Sepolcri ” ( altari della deposizione ). L’ uso di addobbare un altare dopo la liturgia del giovedì santo si affermò sin  dalla seconda metà del XV secolo, voluto dalle confraternite dei disciplinati che erano dei movimenti di devozione popolare. Gli altari prescelti venivano e vengono addobbati con stoffe, fiori, candele e grano appena germogliato che rappresenta la rinascita. Così come il seme deve morire per dar vita alla spiga anche Cristo morì per per costruire un nuovo mondo fondato sull’ amore.

Nella foto il ” Sepolcro ” allestito nella chiesa del Gesù in Piazza Matteotti

UN CRISTO PER SANT’ ANTONIO

Maragliano

Nel 1769 Carlo Giuseppe Ratti nel suo ” Vite dé pittori, scultori ed architetti genovesi ”  scrisse: “….Bellissimo é quello ( il crocifisso ) che posseggono i confratelli dell’ oratorio pur dedicato a Sant’ Antonio in sulla strada Giulia ( attuale via XX Settembre). Antonio Maria Maragliano fece questo capolavoro intagliato e scolpito nel legno nel periodo che intercorre tra il 1710 ed il 1715, per la confraternita di Sant’ Antonio abate, una, se non la più antica, delle ” Casacce” liguri della quale si hanno notizie sin dal 1232. L’ oratorio di via Giulia fu demolito a seguito dell’ allargamento della strada che doveva diventare via XX Settembre, ed in seguito  i confratelli trovarono una nuova sede in quella ch’ era stata la chiesa gentilizia dei Fieschi da molti anni in disuso, l’ unico edificio dei Fieschi che non venne distrutto dai Doria per vendicare la congiura di Gianluigi Fieschi che voleva distruggere la casata dei Doria filo spagnoli per far entrare Genova nell’ orbita francese. Maragliano o Maraggiano, come lo chiama il Ratti, riesce ancora oggi a stupirci per la capacità di farci provare emozioni di fronte alle sue sculture realizzate con un verismo impressionante. La chiesa dove si trova questa splendida opera d’ arte e quella di Santa Maria in Via Lata a Carignano.

IL CENACOLO DI PALMIERI

giuseppe palmieri

Nella basilica di Santa Maria Assunta in Carignano ( Genova ) il alto, sopra i pilastri che fanno da cornice all’ altare maggiore, vi sono due dipinti di Giuseppe Palmieri ( 1677 -1740 ), uno di questi è l’ ultima cena di Cristo, il momento rappresentato è  quello in cui Gesù disse ai suoi discepoli : ” Uno di voi mi tradirà “. Il Palmieri ben rappresenta lo sgomento e lo stupore degli astanti che lo interrogano in merito a questa tremenda rivelazione, mentre un cagnolino spunta da sotto la tovaglia speranzoso che qualcuno si ricordi di lui. Palmieri non ebbe una vita facile, rimasto orfano in giovane età  non potendo la madre mantenerlo, si accompagnò ad un non identificato pittore toscano che lo portò con se in Sicilia, ritornato a Genova, l’ amicizia con Domenico Piola lo aiutò a trovare committenti disposti a farlo lavorare, il Ratti nel suo ” Vite dei Pittori genovesi ” afferma che se non fosse stato afflitto da un endemico bisogno di denaro sarebbe diventato uno splendido pittore, ma dovendo mantenere più di venti persone tra figli e nipoti, dovette necessariamente dipingere in fretta , trascurando il disegno per accelerare il momento di poter pretendere l’ agognata mercede e sfamare la sua numerosa famiglia.

STORIA D’ UN AMORE SFORTUNATO

luca cambiaso

Luca Cambiaso ( Moneglia 1527 –  El Escorial 1585 ) celeberrimo pittore,  tra i numerosi capolavori che a Genova dipinse vi è questa ” Pietà “, che si può ammirare nel terzo altare di sinistra della basilica di Santa Maria Assunta in Carignano;  pochi sanno che la Maddalena di quest’ opera d’ arte ha le fattezze di Argentina Schenone. Luca  rimasto vedovo,  s’ era innamorato perdutamente della sua bella cognata Argentina, ma a quel tempo, secondo il diritto canonico allora vigente, le nozze tra cognati erano vietate perché il rapporto era considerato incestuoso. Invano il povero Luca cercò di farsi fare dal pontefice Gregorio XIII un permesso per superare la legge, così andò a lavorare in Spagna per l’ imperatore Filippo II, sperando che questi intercedesse per la sua causa, ma invano,  egli non poté mai coronare il suo sogno d’ amore ed a Madrid, lontano dalla sua patria, secondo quanto ci è stato tramandato morì di crepacuore.

UN POVERO SANTO

padre santo

Fra Francesco Maria da Camporosso, paesino in provincia d’ Imperia, detto Padre Santo al secolo Giovanni Croese  nacque nel 1804, da ragazzo aiutò il padre contadino e pastore, nel 1822 si fece terziario francescano ed iniziò il suo noviziato sino a diventare questuante, le sue doti d’ altruismo nei confronti delle famiglie in difficoltà, specie per quelle dei marinai e degli immigrati in America, lo resero famoso soprattutto nell’ area portuale di Genova. Era un uomo pieno di compassione nei confronti dei  più poveri e dei diseredati tanto da essere chiamato dalla gente  Padre Santo,  ma inflessibile nei confronti di se stesso, si infliggeva continue penitenze, dormiva su nude assi e mangiava solo pane raffermo inzuppato nell’ acqua,   la sua figura emaciata era riconoscibile da lontano, sempre scalzo, vestito di abiti rattoppati e stracciati. Morì nel 1866 ucciso da una terribile epidemia di colera offrendo la sua vita in olocausto perchè Dio facesse finire il flagello che tanti genovesi uccise. Il suo corpo è conservato in un’ urna di cristallo nella chiesa della S.S. Concezione in una cappella a lui dedicata. Il papa Giovanni XXIII lo proclamò santo nel 1962.

DOMENICO PIOLA PITTORE INSIGNE

domenico piola

Domenico Piola ( Genova 1627 – 1703 ) nacque a genova da Paolo Battista, fu avviato all’ arte pittorica dal padre e dal fratello maggiore Pellegro, dopo l’ uccisione del fratello avvenuta in tragiche circostanze, nel 1640 andò a fare apprendistato nella bottega del Capellino, dopo circa 4 anni lasciò il suo maestro per dedicarsi allo studio delle opere di Perin del Vaga e del Castiglione che lo influenzò sia sui temi iconografici, sia nell’ arricchimento d’ un segno più incisivo nella dinamica compositiva, poi avvenne l’ incontro con Valerio Castello dal quale mutuò i suggerimenti decorativi ed un nuovo modo d’ intendere gli effetti scenografici dello spazio, già in questa fase si evidenziano il disegno preciso nella definizione del segno e delle ombreggiature che caratterizzerà tutta la sua produzione. Dopo la precoce morte del Castello, gli succedette in molte importanti commissioni. Nel nono decennio del XVII secolo, dopo il bombardamento di Genova da parte della flotta francese, intraprese un viaggio che lo portò a Milano, Bologna e Asti, quindi nel 1685 ritornò a Genova ed aprì un atelier in vico San Leonardo a cui furono commissionate numerose opere sia a cavalletto, sia a fresco. Nella grande decorazione preferiva i temi mitologici che gli consentivano di sbizzarrirsi in una linea sinuosa,  fluente e monumentale, per contro la qualità delle sue opere a cavalletto denota quasi sempre una raffinata capacità pittorica, soprattutto in quelle meno macchinose come il “Rapimento d’ Europa” mostrato nella foto facente parte della collezione CARIGE. La collaborazione con il giovane Gregorio De Ferrari portò al suo linguaggio una più fresca e sciolta leggerezza, nonché un disegno più disinvolto ed un colore più leggero e meno corposo, ma Gregorio intendeva lo spazio come dimensione aperta, cosa che il Piola non recepì mai appieno, infatti il nostro restò sempre vincolato al culto del disegno che non accetta del tutto la libertà d’ uno spazio senza limiti,  inoltre  non seguire certe regole ” Accademiche ” non rientrava nella sua cultura pittorica. Oltre che dai pittori che ammirava, la sua poetica fu influenzata da scultori quali il marsigliese  Pierre Puget  e Filippo Parodi che portò a Genova la superba esperienza barocca recepita nella  bottega romana del Bernini di cui fu discepolo. Concludendo, dal settimo decennio del XVII secolo per circa vent’ anni questo insigne maestro ed il suo atelier furono gli indiscussi arbitri della Genova barocca.

CAMILLO DE LELLIS CHI ERA COSTUI?

san camillo 1

Camillo De Lellis nato a Bucchianico nel 1550 sino all’ età di 25 anni si dedicò al mestiere delle armi e condusse una vita dissoluta, non si conoscono le ragioni della sua conversione, sta di fatto che si fece frate cappuccino e successivamente a Roma fondò la Congregazione dei Chierici Regolari Ministri degli infermi, i cosiddetti Camilliani, consacrati alla cura ed all’ assistenza dei malati. A Genova in Portoria, soffocata da nuove strutture in ferro cemento, c’ è la  chiesa a lui dedicata  detta di Santa Croce e San Camillo edificata negli ultimi 30 anni del XVII secolo su di un precedente Tempio sempre a lui intitolato risalente al 1602. I Camilliani si distinsero a Genova come in altre città per l’ assistenza ai malati incurabili, nell’ epidemia di peste che flagellò la città negli anni 1656 – 1657 ne morirono ben 37.  I Camilliani vengono anche chiamati Cruciferi per la croce rossa che hanno cucita sul petto.

GUIDOBONO PRETE PITTORE

Abramo ed i 3 angeli

In questo dipinto realizzato da Bartolomeo Guidobono detto il Prete di Savona  ( Savona 1654 – Torino 1709 ) nel 1694 c., si legge un episodio tratto dalla Bibbia e più precisamente dalla Genesi, tre viandanti compaiono ad Abramo improvvisamente ed egli, riconoscendoli come esseri sovrannaturali, li accolse prostrandosi ai loro piedi, chiamò la vecchia moglie Sara  e le chiese di portare cibo per rifocillarli, uno di questi era l’ angelo di Dio se non Dio stesso, che gli predisse la nascita di un figlio, seppur così avanti negli anni e la rovina della città di Sodoma. Guidobono con la sua pittura brillante esalta le figure che sembrano possano staccarsi dalla tela sulla quale sono dipinte, anche qui, come in altre sue opere da cavalletto, ci mostra una pittura raffinata piena di trasparenze  e d’ una graziosità correggesca, sempre in grado d’ immergere il riguardante in un’ atmosfera di attesa d’ un qualche avvenimento che deve accadere, sospesa tra il mito e la realtà. Questo capolavoro è conservato a Genova  nel museo di Palazzo Rosso in via Garibaldi.

IL MISTERO DELL’ ICONA PERDUTA

dormizione della Vergine

Il Colle di Montallegro che si eleva oltre 600 metri sul livello del mare domina Rapallo ed il golfo del Tigullio, qui nel lontano 1557 un contadino di nome Giovanni Chichizola ebbe una visione, La Madonna gli apparve e gli chiese di erigere una chiesa a Lei dedicata in quel luogo, poi gli mostrò una fonte e lì vicino un’ icona che la rappresentava nell’ atto della dormizione ( secondo la tradizione la Madonna non morì ma si addormentò e fu assunta in cielo ) circondata dagli apostoli con al centro la Trinità immaginata come tre persone sovrapposte in una. Il contadino si precipitò a Rapallo e con il curato ritornò sul monte, il religioso prese l’ icona e la rinchiuse in canonica , ma l’ indomani l’ icona non c’ era più e più tardi fu ritrovata sul monte vicino alla fonte, allora il curato la riprese e con una solenne processione la riportò a Rapallo,la espose in chiesa per l’ intera giornata ed alla fine la chiuse a chiave in una cassapanca, il giorno seguente con sommo stupore constatarono che l’ icona non c’ era più, era nuovamente comparsa vicino alla sua fonte, per cui i rapallesi cominciarono a costruire un santuario nel luogo dove la Madre di Dio aveva indicato. Alcuni anni dopo un capitano di mare proveniente da Ragusa ( l’ attuale Dubrovnik ) si riparò nelle acque di Rapallo per sfuggire ad una tempesta e con il suo equipaggio si recò al santuario di Montallegro per rendere grazie alla Madonna , lì giunti riconobbero l’ icona come quella che 17 anni prima era misteriosamente scomparsa dalla loro città, e pretesero fosse a loro restituita, i magistrati genovesi interpellati per dirimere la vertenza, stabilirono che l’ icona dovesse esser resa ai Ragusani ed i rapallesi con dispiacere la consegnarono, la nave riprese il mare ma dopo poche miglia l’ icona scomparve dal luogo sicuro dove era stata riposta e ricomparve sul monte, a questo punto anche i ragusani si convinsero che l’ icona lì doveva rimanere.

Il Santuario di Nostra Signora di Montallegro è una delle basiliche mariane più visitata della Liguria ne è testimonianza l’ enorme quantità di ex.voto presenti nella basilica, l’ icona, posta sopra il tabernacolo dell’ altar maggiore della chiesa, è impreziosita da uno splendido panneggio barocco in  argento donato nel 1743 dal nobile rapallese Tommaso Noce.

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ALESSANDRO A PALAZZO TURSI

arazzo  con Alessandro che taglia il nodo di Gordio

La storia illustrata da questo arazzo che arreda una parete di Palazzo Tursi a Genova risale all’ VIII secolo a.C., L’ oracolo di Telmisso antica capitale della Licia, predisse che il primo uomo che fosse entrato in città sopra un carro tirato da buoi sarebbe diventato re. Il primo fu un povero contadino di nome Gordio che così fu incoronato re ed il suo figlio adottivo Mida, fece erigere un tempio nel quale mise il carro legato ad un palo con un intricatissimo nodo, con la convinzione che , così facendo, il potere regale sarebbe rimasto per sempre nelle mani della sua famiglia. La profezia divina diceva anche che chi fosse riuscito a sciogliere il nodo gordiano, fatto con robusta corda di corteccia di corniolo, sarebbe diventato imperatore dell’ Asia minore. Nel 332 a.C. arrivò lì Alessandro con il suo esercito macedone, provò a sciogliere il nodo ma invano, allora estrasse la spada è lo tagliò a metà con un fendente, ancora oggi si dice ” soluzione alessandrina ” quando si vuol risolvere un problema in modo netto e veloce. Ritornando al nostro arazzo  che narra l’ episodio sopra descritto, fu tessuto alla metà del XVII secolo e proviene dalla città di Bruxelles da un artista ad oggi non ancora identificato  che si è siglato C.D.P.

LA DAMA RUBATA

dama cattaneo con la figlia

Tanti tanti anni or sono, in una mia vita precedente, lavorai nel palazzo Balbi Cattaneo che allora era la sede della ” Levante Assicurazioni “. Anche a quel tempo ero appassionato d’ arte antica e quando vidi un ponteggio nel grande salone del piano nobile del palazzo, non seppi resistere, mi ci arrampicai sopra e scattai una fotografia al grande quadro che troneggiava sopra una delle pareti, in quel momento passò L’ Amministratore delegato che guardandomi con gli occhi sgranati mi disse: ” Burlando cosa ci fa là sopra appollaiato come un gufo? “, si perché in quei tempi lontani gli amministratori delegati conoscevano per nome tutti i loro sottoposti, ed io risposi un poco imbarazzato : ” Dottor Rizzo fotografo per i posteri ” lui si mise a ridere e mi rispose : ” allora vada anche nel mio ufficio, che ho dei bei soprapporta da immortalare “.  Anni dopo, nel 1995, La Levante Assicurazioni si trasferì in Viale Brigate Partigiane, il palazzo fu abbandonato e poi nel 2001 venduto all’ Università degli studi di Genova. Nel 1997 la quadreria che decorava le pareti del piano nobile fu rubata, tra cui anche il quadro di una dama  della famiglia Cattaneo con la figlia che io avevo fotografato, allora andai dal nucleo dei Carabinieri che si occupano della tutela del patrimonio artistico e a mani del comandante Salvatore Distefano consegnai le mie foto a colori, loro le avevano già, ma erano vecchie foto sgranate in bianco e nero. Dopo poco tempo seppi che parte dei quadri erano stati recuperati in un container in porto pronti per esser spediti oltremare, tra quelli recuperati, c’ era anche la mia dama con la sua bambina che, dopo un accurato restauro, è tornata ad abbellire il salone di palazzo Balbi Cattaneo ora Aula Magna dell’ Università. Il dipinto è stato attribuito dalla critica moderna a Gio Enrico Vaymer  valente ritrattista genovese che lo avrebbe dipinto nel III decennio del XVIII secolo.

CARICAMENTO … E NON SOLO

CARICAMENTO

La Piazza Caricamento fu realizzata nel 1839 e destinata, a partire dalla metà del secolo XIX, al carico e scarico delle merci giunte in porto dalle navi. nel secolo scorso i convogli ferroviari arrivavano sin qui. Oggi è un grande spazio aperto, in parte pedonalizzato, antistante il porto antico ristrutturato da Renzo Piano in occasione delle Colombiane del 1992, uno spazio adibito a mercati stagionali ed etnici, c’ è una giostra per i bambini e un poco defilata la statua bronzea di Raffaele Rubattino, imprenditore ed armatore genovese, si quel Rubattino che si  fece rubare per finta  le sue due navi Piemonte e Lombardo da Giuseppe Garibaldi che così potè imbarcare i suoi 1000 garibaldini e compiere l’ impresa della conquista del Regno delle due Sicilie, dichiarando alle pubbliche autorità che il lestofante gliele aveva rubate ( maniman non fosse riuscito nell’ intento… ) salvo poi ritrattare, a cose finite, la sua dichiarazione dichiarandosi un vero patriota, un autentico uomo del nostro tempo……….

VOUET UN CARAVAGGISTA PARIGINO

LGR HR 120108-1
Simon Vouet ( Parigi 1590 – 1649 ) soggiornò a lungo in Italia, a Genova fu attivo dal 1620 al 1622, lasciandoci diverse opere che testimoniano la forte influenza che su di lui ebbe Caravaggio. Oltre che la drammatica pala della crocifissione ancor oggi visibile nella navata destra della chiesa del Gesù a Genova, abbiamo  questo David vincitore con  la testa del gigante filisteo  Golia, quest’ opera da cavalletto, è stata definita il più caravaggesco dei suoi dipinti conosciuti,  infatti come nei dipinti del Merisi  anche qui co-protagonista della scena è ” La Luce”,  la figura spicca nettamente dal fondo scuro illuminata di sbieco, lo sguardo di David rivolto verso sinistra  non è trionfante, ma quasi attonito ed incredulo per la grande impresa compiuta con l’ aiuto di Dio, non c’ è emozione in questo volto, solo la consapevolezza di essere non l’ artefice ma lo strumento voluto dal Signore per conseguire una grande vittoria sui nemici del suo popolo ed anche  un’ aspettativa di qualcosa che deve ancora accadere. Questo splendido dipinto  é conservato nella pinacoteca del Museo di Palazzo Bianco nella Via Garibaldi di Genova.

SIC TRANSIT GLORIA MUNDI

Gio.Andrea Doria

La gigantesca statua di Gio Andrea Doria realizzata da Taddeo Carlone ( 1543 – 1613 ) era posta a lato della maestosa scalinata che da accesso al Palazzo Ducale in Piazza Matteotti, troneggiava su un grande plinto in marmo e lì restò sino a che, sulla scia della rivoluzione francese, nel 1797 il popolo si sollevò contro la Repubblica e si accanì contro questa statua e quella di Andrea Doria abbattendole ambedue e trascinandole per le vie della città come spregio al potere aristocratico. Le statue furono decapitate e mutilate degli arti che non furono più ritrovati, restarono solo i torsi che  oggi malinconicamente accolgono i visitatori di  Palazzo Ducale collocati  alla fine della prima rampa di scale all’ interno del grande palazzo.

UN PORTALE DI PACE GAGINI

via posta vecchia 16 Jacopo spinola

Nel centro storico di Genova in via Posta Vecchia al n. 16, c’ è l’ antico palazzo di Jacopo Spinola costruito intorno al 1531 accorpando due case medioevali. Oggi è una abitazione  divisa in appartamenti, ma ha conservato lo splendido portale in marmo realizzato da Pace Gagini con stipiti modellati a candelabri ed un soprapporta che raffigura in alto rillievo il trionfo della potente famiglia degli Spinola.

LUXORO …UN MUSEO A CAPOLUNGO

orologio notturno

Il Museo Luxoro, collocato nell’ estrema propaggine dei parchi di Nervi a Capolungo, è famoso per le sue collezioni di statuine del presepe, di acquesantine d’ argento del 700, di mobili genovesi barocchetto e di orologi d’ epoca, quello mostrato nella foto è un orologio notturno – diurno a proiezione con il trionfo della sapienza, realizzato da Giuseppe Campani ( 1635 ? – 1715 ) in pero ebanizzato, intagliato, bronzo fuso, mostra sul quadrante un rame dipinto da un pittore romano della fine del XVII secolo. Il Campani fu attivo presso la corte pontificia, dove con i suoi fratelli, realizzo vari tipi di orologi anche monumentali, l’ orologio a proiezione, come quello del LUXORO proiettava di notte l’ immagine del quadrante su una parete grazie ad una lente anticipando la lanterna magica settecentesca. Di questo tipo d’ orologio del Campani sono noti due soli esemplari al mondo, quello del museo proviene dalla villa Brignole Sale di Genova Voltri.