Luigi Centurione, che nel terzo decennio del XVII secolo era proprietario del Palazzo Lomellino di via Garibaldi, nel 1623 si rivolse a Bernardo Strozzi, al tempo frate cappuccino che come pittore era grandemente apprezzato da committenti pubblici e privati, per affrescare il primo piano nobile del suo palazzo. Lo Strozzi avrebbe dovuto portare a termine il suo lavoro in diciotto mesi ma alla data del 24 novembre 1625 l’ artista, in un documento indirizzato al Senato della Repubblica, si lamenta di non esser stato ancora adeguatamente pagato. Il Centurione di fronte all’impudenza dello Strozzi che aveva osato, diciamo così sputtanarlo, di fronte ai maggiorenti di Genova, accusò il pittore di non aver rispettato il contratto ” né nei tempi,né nel lavoro, né per altra cosa…” così si aprì un procedimento legale che comportò la brusca interruzione del lavoro del pittore ed il Centurione fece in due sale picchettare e scialbare alcuni affreschi che non gli piacquero, mentre tenne quelli realizzati nella sala centrale. Quando, all’inizio del XVIII secolo, la proprietà del palazzo passò ai Pallavicini, per dare maggior importanza al secondo pino nobile, i nuovi proprietari fecero ampliare lo scalone che lo collegava al primo piano e questa ristrutturazione comportò l’ innalzamento d’un nuovo muro portante che restrinse la sala centrale che fu conseguentemente controsoffittata nascondendo gli affreschi dello Strozzi dei quali si perse la memoria. La storica dell’arte Mary Newcome ed il Merlano nel 2004 ebbero l’ intuizione di far fare un foro nella controsoffittatura e si accorsero che questa aveva preservato dai rigori del tempo gli affreschi del grande pittore genovese ritenuti perduti, riportandoli alla luce. L’iconografia dell’opera si ispira alla Fede che sbarca nel Nuovo Mondo ( L’ America ) e nei pennacchi, a scene della vita degli indios tra cui anche alcune di cruento cannibalismo.
Mese: marzo 2019
IL PALAZZO SQUARCIAFICO
…in piazzetta Squarciafico ( ora Invrea * ) è un palazzo del quondam Ippolito Invrea: in esso dentro nel portico e nella facciata ha dipinte immagini di Dei col Ratto delle Sabine sotto il fregio il già mentovato Ottavio Semino, a cui servirà sempre di gran lodi l’abbaglio o vero o esagerato del celebre Giulio Procaccino il quale,come narra il Soprani,osservando le dette pitture a quei di sua comitiva disse: ” Avete voi si bell’opra di Raffaello e prima d’ora non me la faceste vedere?”. Queste facciate dipinte sono un glorioso reliquato del buon gusto del secolo decimoquinto e ovunque se ne rinvengono fanno un decoro pubblico….è gran danno che invece di rimettersi questo bel modo si vada piuttosto estinguendo e anziché far dipingere nuovamente si imbianchi il dipinto. Così si legge nella Descrizione della città di Genova redatta da un anonimo nel 1818 a proposito del Palazzo Squarciafico che nel XIX secolo era proprietà della famiglia Invrea che poi diede il nome alla piazza. Il palazzo fu edificato nel 1565 su preesistenti palazzi medioevali dei quali ne ingloba una torre. Singolare il fatto che l’ anonimo scrittore evidenziasse con rammarico l’ atteggiamento dei genovesi più portati a rifare che a restaurare.
* nota di chi scrive
C’ERA UNA VOLTA PICCAPIETRA
La chiesa di Santa Croce e di San Camillo è uno dei pochi edifici di Piccapietra che si è salvato dalla ristrutturazione, alcuni dicono distruzione, del quartiere avvenuta a partire dagli anni ’50 del secolo scorso. Piccapietra è un antico quartiere genovese il cui toponimo deriva dal fatto che i suoi abitanti erano prevalentemente scalpellini e tagliapietre. Il nuovo piano regolatore salvò questo tempio dalla distruzione ed oggi circondato come è da palazzate in ferro/cemento e vetro ci sembra una zattera in mezzo ad un oceano ostile. L’autore dell’ edificio fu l’architetto lombardo Carlo Muttone, la facciata presenta due ordini di lesene con capitelli a stucco, sopra il portone due angeli reggono lo stemma dell’ordine dei Camilliani. Il fondatore di quest’ordine Camillo de Lellis nato nel 1550 a Bucchianico, dopo aver fatto lo scavezzacollo in gioventù, a 25 anni si pentì della sua vita dissoluta e si fece frate cappuccino fondando la Congregazione dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi i cosiddetti Camilliani per l’appunto, nel 1594 arrivò a Genova da Milano e con l’ aiuto del nobile Centurione fece costruire un primo tempio poi demolito vicino a quello attuale che fu edificato nel 1671. La titolazione alla “Santa Croce” ricorda il ritrovamento della croce su cui fu morì Cristo da parte di Elena madre dell’imperatore Costantino nel 326 d.C.
MARC’ANTONIO FRANCESCHINI ed i FILIPPINI
Il pittore Marc’Antonio Franceschini ( Bologna 1648 – 1729 ) dopo esser stato allievo di Giovanni maria Galli, divenne uno dei collaboratori più apprezzati di Carlo Cignani, sotto la direzione di questo insigne maestro il Nostro dipinse ad olio ed a fresco molte opere a Bologna, Modena, Piacenza ed a Reggio Emilia, riscuotendo fama e consensi. Nel 1714 si trasferì a Genova con suo figlio Giacomo, Giacomo Boni ed il quadraturista Mario Hoffner perchè i “Filippini” gli diedero l’ incarico di affrescare la volta del tempio dedicato a San Filippo Neri in Via Lomellini, inoltre il Franceschini avrebbe dovuto dipingere otto tele che avrebbero dovuto illustrare la vita del santo, tele che il Nostro realizzò a tempera, per completare il lavoro impiegò sei mesi, oltre all’affresco della volta che celebra la Gloria di San Filippo Neri, sono suoi anche i medaglioni laterali monocromi ed i quadri sotto il cornicione che illustrano alcuni episodi della vita del santo.
QUARTO DEI MILLE
Nel 1915, a Quarto ( Genova ) sul capo di fronte allo scoglio da cui si imbarcarono nel 1860 i mille soldati volontari al seguito di Giuseppe Garibaldi diretti a Marsala, fu eretto un gruppo monumentale in bronzo realizzato dallo scultore Eugenio Baroni ( Taranto 1880 – Genova 1935 ) per ricordare ai posteri l’evento. Il monumento fu inaugurato alla presenza delle massime autorità cittadine e di Gabriele D’Annunzio che tenne un discorso commemorativo. Il Baroni, allievo di Scanzi all’ Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, fu influenzato nella sua arte da Rodin e dal simbolismo di Leonardo Bistolfi per giungere poi ad uno stile impregnato d’un espressionismo molto personale. Non molti anni or sono, i nomi di quei garibaldini che per puri ideali accettarono di sacrificarsi per una patria che ancora non esisteva, sono stati impressi in una stele bronzea inchiavardata sugli scogli antistanti al mare così come aveva auspicato Cesare Abba.