UNA GALLERIA PIENA DI RICORDI

Il 26 Luglio 1874 il Municipio di Genova dichiarò di pubblica utilità il progetto per la costruzione d’una galleria che unisse l’ingresso del teatro dell’opera Carlo Felice alla piazza Corvetto che, per la verità, ancora non esisteva. Per rendere fattibile il progetto fu necessario non solo lo sbancamento d’una parte della collina di Piccapietra e lo sterro d’un tratto del parco dell’ Acquasola, ma anche la totale distruzione di due chiese, quella dedicata a San Sebastiano con annesso convento e quella di San Giuseppe con l’annesso conservatorio, la cui memoria resta in sito nei toponimi. Galleria ” Mazzini ” nacque dunque come una strada pedonale con una copertura di vetro e metallo, posta tra due file di palazzate parallele alla via Roma, l’ingegnere progettista della struttura fu Giovanni Argenti che la concepì come un ” passage de Paris” , sua caratteristica peculiare fu d’avere negozi alla moda e bellissimi locali, soprattutto caffè e ristoranti eleganti come il “caffè Roma” ed “Il Viennese ” centro d’aggregazione di artisti, poeti ed intellettuali. Oggi la galleria Mazzini é una pallida sinopia di quello che era e rappresentava, un restauro iniziato in tempi biblici e mai terminato la avvilisce e la carenza d’illuminazione la rendono cupa e triste, eppure io ricordo che ancora negli anni ’60 del secolo scorso era ancora bella, c’era la boutique Liz, Guido Oliva con i suoi francobolli rari, Bertani con i suoi splendidi mezzeri, Savinelli con le sue pipe capolavoro, Ettore Paganello con i vestiti di Simon Akerman, l’ Abolaffio signora della moda al femminile, Cabib con i suoi bei tappeti e tanti altri che non sono più, era un posto così bello da ispirare poesie come quella di Aurelio Valesi che scriveva nel 1969:
Mia cattedrale laica
tu Galleria Mazzini
trovavo i miei confini
nelle tue opacità.
Sotto le tue vetrate
cercavo un dio sicuro
il mio domani oscuro
perdeva la sua età.
Ai tavolini fuori
anche quando pioveva,
la verità sapeva
la nostra verità.
Sei stata una memoria
di giorni non vissuti
sognati e non avuti:
piccola eternità.

Apologia di Serena Bertolucci

Sul Secolo XIX di ieri ho letto che la mostra allestita nel 2019 nel Teatro del Falcone di Palazzo Reale dedicata allo scultore genovese Anton Maria Maragliano ( Genova 1664 -1739 ) si é classificata nelle top ten del premio ” Art Bonus 2021 “, il riconoscimento del Ministero della Cultura che premia i migliori progetti di restauro e valorizzazione del patrimonio storico e artistico italiano. un risultato importante, considerando che la competizione vedeva in lizza, per così dire, 210 progetti che sono stati votati da oltre 23.000 persone. Questa mostra vista da oltre 20.000 persone fu desiderata, voluta e realizzata da Serena Bertolucci che con un equipe di collaboratori del calibro di Nino Silvestri, uno dei più grandi restauratori di sculture lignee che abbiamo in Italia, riuscì a creare un evento che rimarrà per sempre nella memoria collettiva della nostra città. Lo articolo del nostro quotidiano parla diffusamente di questa bella mostra, parla dell’attuale direttrice si Palazzo Reale Alessandra Guerrini, ma della Bertolucci che fu l’artefice di questo successo neppure una parola, sic transit gloria mundi direte voi ed allora mi permetto di spenderla io una parola per questa signora che io vedo, come disse Sgarbi per Zeri, come una stilita che dall’alto guarda il resto del mondo, una persona che con il suo entusiasmo e la sua bravura riuscì là dove tanti altri non sono riusciti a lasciare alcun segno del loro passaggio. nella foto un padiglione della mostra in cui vennero esposti crocifissi realizzati dal Maragliano un padiglione che, almeno in me, provocò grande emozione.