LA STATUA DELLA PROVVIDENZA PER I POVERI DI GENOVA

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L’ Albergo dei poveri di Genova, è sorto su iniziativa del nobile genovese Emanuele Brignole a metà del XVII secolo come istituzione caritatevole per dare ricovero, alimentazione ed istruzione alla massa dilagante di , oggi diremo homeless, che bivaccavano nel centro storico della città. Questa massa di persone senza lavoro e senza speranza, creava non pochi problemi ai reggitori della Serenissima Repubblica Genovese, per cui l’ idea del Brignole prese corpo e si decise di costruire questo edificio in cima alla collina di Carbonara per concentrare lì il pauperismo genovese. L’ inizio della istituzione non fu facile, anche perché Genova nel terzo quarto del ‘600 fu funestata da una pestilenza che ammazzò i 2/3 degli abitanti, tanto che nei fondi della nuova costruzione si seppellirono in fretta e furia 10.000 cadaveri. Passato questo periodo terribile, i lavori furono portati avanti ma il Brignole non vide mai l’opera finita. L’ Albergo dei Poveri, che è oggi in parte sede Universitaria ed in parte Museo, fu realizzato grazie alla generosità di alcune famiglie nobili che, come il Brignole, misero a disposizione cospicue somme di denaro, questo splendido esempio di altruismo è ben rappresentato dalla statua allegorica della Provvidenza, immaginata come una bella donna con la sua cornucopia ricca di ortaggi e frutti, realizzata in uno dei nicchioni delle scale dallo scultore Giovanni Battista Barberini tra il 1671 ed il 1673. La produzione artistica del Barberini si contraddistingue per l’enfasi empatica caratterizzata dalla retorica dei gesti, delle espressioni nonché dalla elevata qualità esecutiva.

IL MONTE DE “LA GUARDIA” E IL SUO SANTUARIO

santuario della Madonna della guardia_InPixio

Alle spalle della città di Genova, a circa 20 chilometri di distanza c’è il monte Figogna. Su questa altura, che è elevata a 804 metri s.m. , sorge uno dei santuari mariani più famosi d’ Italia: il santuario di Nostra Signora della Guardia. Il nome deriva dal fatto che anticamente in sito esisteva un posto d’osservazione strategico che consentiva di vedere il nemico avvicinarsi alla città sia dal mare che per terra e prontamente avvertire le altre torri d’avvistamento con segnali di fumo, come facevano i pellerossa in America. Il luogo di culto ha la sua genesi dall’apparizione della Madonna ad un contadino che si chiamava Benedetto Pareto al quale la Vergine chiese le fosse costruita una cappella sul monte, era l’ anno 1487. Il Pareto all’inizio non fu creduto, ma dopo una caduta da un albero per la quale il povero Benedetto stava per morire e la sua miracolosa guarigione, la gente della Valpolcevera cominciò a recarsi nel luogo della visione in pellegrinaggio, una prima cappella fu costruita e nel 1507 venne citata in un documento conservato nell’archivio storico della Curia Arcivescovile di Genova. I lavori per la costruzione dell’ attuale tempio, costruito poco distante dal luogo dell’apparizione, iniziarono nel 1878 e terminarono nel 1899. La chiesa, in stile neo rinascimentale a croce latina ha tre navate, dalla navata di sinistra si accede alla sala degli ex voto dove vengono custoditi innumerevoli testimonianze di riconoscenza alla Vergine Maria per grazia ricevuta, pensate che i cuori d’argento degli ex voto erano così tanti che, molti anni or sono, una certa quantità fu fusa e vennero costruiti gli splendidi candelabri d’argento che si possono ammirare sul’ altare maggiore.

altar maggiore

Altare maggiore del Santuario di N.S. della Guardia

LA CERTOSA CHE DIEDE IL NOME AD UN QUARTIERE DI GENOVA

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Nel 1280 il nobile Bartolino Di Negro fece dono a Bozone, Priore generale della grande certosa di Grenoble, d’ un suo terreno perché vi edificasse un monastero del suo Ordine. Il complesso monastico fu ricostruito nel XVI secolo mantenendo in essere alcune parti più antiche, la chiesa ad un’unica navata era impreziosita da due cappelle, una fatta innalzare da Lazzaro Doria nel 1472 e l’ altra da Giorgio Spinola nel 1480 ambedue demolite nel XIX secolo a parte gli altari che furono smontati e , non chiedetemi come mai, sono oggi visibili in tutto il loro splendore nel museo delle arti decorative di Londra dedicato alla regina Victoria ed a suo marito Albert in Cromwell road. Il complesso monastico ha due chiostri , uno dei due ha 32 colonne realizzate in forme toscaneggianti e risale probabilmente al 1530, nello spazio aperto ci si gioca al pallone. Sarà contento Bozone? speriamo di si.

L’ULTIMO ADDIO A RAFFAELE

 

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Nel cimitero monumentale di Staglieno di Genova, nel settore D contraddistinto dal n. 02, troviamo il monumento sepolcrale commissionato allo scultore Giovan Battista Villa (°) nel 1879 da Virginia Aprile per suo marito Raffaele Pienovi un commerciante, si legge sull’epigrafe, dalla prospera e lodata virtù. La drammaticità della scena è messa in risalto dal’espressione della donna che vorrebbe vedere il volto del marito ancora una volta per dargli l’ultimo addio tenendolo teneramente per la mano coperta da un drappo, ma nel momento in cui sta per scoprire il volto amato, il coraggio sembra venirle a mancare.  Nella seconda metà del XIX secolo la rappresentazione dei defunti da parte della scultoria in voga a quel tempo ci appare sempre meno legata allo stile classicheggiante che si esprimeva con le forme del sonno o della meditazione o ancora con l’allusione alla trascendenza,  mentre invece viene data rilevanza alla crudezza del’evento ” morte” senza alcuna speranza consolatoria.

(°) Giovanni Battista Villa ( Genova 1832 – 1899), dopo il completamento degli studi presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti  di Genova, si arruolò nel’esercito, nel 1866 si dedicò professionalmente al’attività scultorea realizzando opere di ritrattistica e di soggetto religioso, la parte più cospicua della sua produzione è rappresentata dai monumenti funerari eseguiti nel cimitero di Staglieno per la ricca classe borghese del’epoca.

UN CASTELLO COME UN NIDO D’AQUILA

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Nella gola scavata dal torrente Vobbia, a poco più di 30 chilometri dalla città di Genova, stretto da due torrioni di puddinga, come un nido d’aquila è il castello della Pietra posto a guardia della valle. Il maniero, costruito per volontà dei vescovi di Tortona che lo fecero edificare intorno al’ anno 1000, deve il suo nome alla famiglia dei “Della Pietra” che ne furono proprietari sino al 1510, data in cui il fortilizio passò agli Adorno che lo abbandonarono nel 1797 a seguito del trattato di Campoformio. Dal 1993 il castello è pubblico e si può visitare, Gli ambienti interni sono composti dalle segrete, una cisterna, scale, posti di guardia, cammino di ronda ed un’ampia sala centrale dove occasionalmente vengono fatte rappresentazioni teatrali. Il castello si raggiunge a piedi in circa 20 minuti lasciando l’auto parcheggiata sulla strada provinciale.

Genova in stand by per il coronavirus

amerigo vespucci alla fonda Stazione Marittima

Nel’ anno del Signore 1657 Genova fu colpita da una terribile pestilenza, i due terzi della popolazione morì, sicuramente più di 50.000 persone lasciarono questo mondo e tra gli innumerevoli problemi che si crearono per gestire questa immane iattura, ci fu quello che non si sapeva più dove seppellire i cadaveri, così furono creati cimiteri di punto in bianco e l’ Acquasola fu uno di questi cimiteri occasionali, qui i morti, seppelliti in fretta e furia in grandi fosse comuni, generarono dei gas per i quali si spaccarono le possenti mura sottostanti e dalle fenditure la putredine come un orrido fiume si riversò nella sottostante via San Vincenzo. Questo ci fa pensare che in fondo l’ appello del Presidente del Consiglio di restare a casa, non è poi la fine del mondo se serve a salvarci la vita.
In quest’epoca simile al basso medio evo, ci mancava una pestilenza e naturalmente qualcuno ha provveduto. Allora comportiamoci come i personaggi del Decamerone del Boccaccio, è ora di smettere di correre, fermiamoci, ritroviamoci con amici in un posto sicuro ( a distanza di sicurezza mi raccomando ) e raccontiamoci vicendevolmente favole o aneddoti della nostra vita, che alcune volte superano la fantasia dei narratori. Basta apericena, basta locali dove ci si sente come una acciuga in scatola ( ho detto acciuga e non sardina perché non vorrei che pensaste, anche per un solo momento, che desideri dare visibilità a questi giovinotti ai quali consiglio di starsene a casa per un po’), fermiamoci a pensare,  magari ci accorgeremo che questo mondo può essere bello anche senza voler apparire cult a tutti i costi ed essere per forza attori protagonisti, talvolta anche fare la comparsa non è male, soprattutto se il protagonista muore.                          Con affetto vostro            Mauro Silvio

nella foto il veliero Amerigo Vespucci alla fonda nel porto di Genova.

IL PARADISO in villa Pallavicini di Pegli

 

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Quelli che sono di Genova sanno che questa villa straordinaria fu concepita come un’opera teatrale, nella seconda scena del terzo atto si arriva alla fine d’un viaggio iniziatico, questa del lago grande è la scenografia più complessa del parco di villa Pallavicini,  rappresenta il Paradiso al’ interno del quale sono traghettate le anime dopo la catarsi che una volta avveniva negli inferi rappresentati da grotte, ora non più accessibili, che i visitatori dovevano attraversare passando così dal buio alla luce. Al centro del lago c’è un tempietto di Artemide, la Diana dei romani, rappresentante la divinità del luogo, sulle rive si trovano un ponte romano che rappresenta l’ occidente, un chiosco turco che rappresenta il medio oriente, la pagoda cinese che rappresenta l’oriente e un obelisco che ci fa pensare alla Africa. Tutto ciò per unire le varie etnie umane della terra attorno alla divinità. Per chi ama le passeggiate, questo è il tempo giusto per andare a Villa Pallavicini perché è il periodo di  fioritura delle camelie.

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