Flora la dea d’un giardino incantevole

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La villa Durazzo Pallavicini, realizzata  a Pegli (GE) per il marchese Ignazio Pallavicini  nella metà del XIX secolo, è considerata uno dei parchi romantici  più belli del mondo, fu concepita da Michele Canzio, scenografo del teatro Carlo Felice di Genova, come un’opera teatrale, il visitatore attraversandola compie  un viaggio iniziatico che lo porta alla fine a raggiungere ” Il Paradiso “, qui è il regno di Flora e dei suoi giardini.  La dea Flora è  intesa come la divinità madre dell’ordine del mondo ed è rappresentata da una statua che sembra librarsi sopra i fiori collocata al centro del ” Viridario” che è il giardino personale della dea, dove essa coltiva le sue piante d’inverno per assicurare la continuità della vita sulla Terra. La dea Flora, immaginata come una silfide alata,  fu realizzata dallo scultore Giovanni Battista Cevasco ( Genova 1817 -1891 ) esponente della corrente naturalista, artefice anche delle statue della primavera e dell’estate che si trovano poco distante.

IMG_2326  Statua allegorica dell’ estate

 

La vita è “dolce” in via del Portello 2

pasticceria villa

Passeggiando senza una meta precisa nel centro storico di Genova, è inevitabile ad un certo momento ritrovarsi in via Garibaldi, già via Nuova detta Aurea per lo splendore dei palazzi che vi furono costruiti nel XVII secolo dalle famiglie dell’antica aristocrazia Genovese. Per poter costruire la strada furono rase al suolo un gran numero di casupole adibite a postribolo e occorse anche spianare una parte del monte Albano. Partendo dalla Piazza fontane Marose, all’inizio di via Garibaldi, c’è un vicolo chiamato del Portello perché conduce alla piazza omonima e lì al numero civico 2 c’è l’ antica pasticceria Villa rilevata dai Profumo nel 1968. Questo negozio incantevole fu aperto da Domenico Villa nel 1827 lì dove erano le scuderie dei Lercari, si quelli che hanno in via Garibaldi il palazzo con ai lati del portone due telamoni scolpiti da Taddeo Carlone senza i nasi, tanto per ricordare ai passanti che i Lercari era meglio non farli incazzare. Ritornando alla nostra pasticceria, il fondatore dell’attività, a quel tempo riservata alle classi più abbienti, Domenico Villa per l’appunto, l’aprì sotto la categoria Droghe e Coloniali, trasformandosi poi in rivendita e produzione di pasticceria. Entrando in questo regno dei ghiottoni, la cosa che colpisce immediatamente il visitatore sono gli arredi quasi tutti originali della prima metà del XIX secolo, così come il pavimento marmoreo, mentre le volte a crociera sono più antiche e riafrescate con motivi floreali nel periodo liberty. Negli scaffali son conservati recipienti in vetro con i dolciumi che hanno dato fama a questi mastri pasticceri : olive al cioccolato, marron glacé, cioccolatini ed ogni altro ben di Dio. Marco e Maurizio Profumo continuano la tradizione di famiglia. Qui tutto l’ anno potrete gustare il famoso pandolce genovese, un vero prodotto d’eccellenza ligure.

LA MADONNA REGNA SU GENOVA

madonna regina

Nell’anno del Signore 1637, il doge di Genova, alla presenza del cardinale  Gio Domenico Spinola, durante una funzione solenne celebrata nella cattedrale di San Lorenzo,  consegnò alla Madonna i simboli del potere temporale della serenissima Repubblica e cioè la corona, lo scettro e la croce degli Zaccaria ( oggi conservata nel museo della cattedrale), da quel momento Genova divenne una monarchia seppure ci permettiamo di dire solo spiritualmente. Perché venne fatto ciò? Ebbene c’erano delle ragioni politiche che consigliarono l’aristocrazia genovese a fare questo escamotage, infatti nella prima metà del XVII secolo Genova rischiava di perdere i suoi antichi privilegi di fronte alla prepotenza ed allo strapotere delle monarchie di Spagna, Francia ed Inghilterra, con questo espediente i padri del Comune invece li rafforzarono poiché nessuno osò contestare questa investitura ne tanto meno criticarla, i detrattori avrebbero potuto passare  per blasfemi. Da quel momento il grido di guerra dell’ antica repubblica cambiò ed al posto di : ” Pe Zena e pe San Zorzo ” ( per Genova e per San Giorgio ) fu  gridato:        ” Viva Maria “. Edicole mariane sorsero in tutti i quartieri della città ed alcune furono poste sulla sommità delle porte d’ingresso nelle nuove mura di difesa,  la scultura  mostrata nella foto  realizzata da Bernardo Carlone nella prima metà del ‘600 originariamente era posta sopra la porta delle mura della Lanterna oggi è conservata nel palazzo di San Giorgio, sulla sua base è posta la  significativa dicitura: “Posuerunt me custodem”.

FRATE OLIVERIO CHI ERA COSTUI?

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Dal punto di vista turistico, uno degli angoli più interessanti della città vecchia, quella per intenderci cantato da Fabrizio De André, è certamente la palazzata della Ripa Maris, chiamata dai genovesi Sotoria. La via sulla quale si affacciano questi palazzi, che per ragioni di spazio insufficiente si svilupparono in altezza, è dedicata a Frate Oliverio, questo mitico personaggio fu un monaco cistercense dell’abbazia di Sant’Andrea di Sestri Ponente, che come architetto progettò il molo vecchio e il Palazzo del Mare nel XIII secolo, palazzo che qualche secolo dopo fu chiamato di San Giorgio perché sede della casa delle Compere e dei banchi di San Giorgio, una delle prime istituzioni bancarie nate nell’Italia dei Comuni.
Il porticato di Sottoripa è uno dei porticati pubblici più antichi d’ Italia, fu costruito dal 1125 al 1133 e deriva il nome dal fatto che le acque del porto originariamente lambivano questi portici le cui fondamenta erano poste sotto la riva del mare, i portici e le retrostanti botteghe erano difesi dalle mareggiate da lunghi e bassi argini in pietra. Nel Medio Evo in questo luogo fu il centro economico della città, le merci venivano scaricate dai “camalli” dalle navi e stipate nei magazzini posti sotto i portici di Sottoripa per essere poi vendute in un secondo tempo o ricaricate per altre destinazioni.

PIAZZA DINEGRO UN POSTO DA FORCHE

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La zona di piazza Dinegro negli antichi tempi era poco edificata, la mappa più vetusta che si è rinvenuta risale al 1537 ed è scarna di particolari mostrandoci in buona sostanza un paesaggio agreste, solo nel XVIII secolo si cominciarono a costruire ville gentilizie tra le quali la più bella: “Villa Rosazza”. La chiesa di San Teodoro, che oggi si può ammirare nelle sue forme neogotiche risale al 1876 , quella primitiva, edificata tra il nono e l’undicesimo secolo d.C., fu demolita nel 1870. Oggi Dinegro è una piazza trafficata, con un mercato storico rionale posto innanzi al terminal traghetti, un grande distributore e la chiesa che con il suo campanile svetta verso il cielo. Questa piazza originariamente era dedicata a san Lazzaro e qui venivano fatte feste popolari con danze e giochi ma anche era luogo di esecuzioni pubbliche, qui venivano drizzate le forche per impiccare i condannati a morte. Ai tempi che furono, i destinati all’impiccagione non potevano godere del privilegio della botola che si spalanca sotto i piedi e che comporta la rottura dell’osso del collo e una morte rapida, nossignore, l’ impiccato veniva tirato su per il collo lentamente con le mani legate dietro la schiena cominciando a sgambettare disperatamente tra le risa del popolo intervenuto per assistere all’ameno spettacolo. Però talvolta le cose non andarono secondo i desiderata dei padri del Comune, gli annali del Giustiniani riportano che nell’anno 1230 quattro corsari furono catturati e condannati a morte, uno era originario di Ventimiglia, due di Portovenere ed il quarto era chiamato Rosso di Morinello, ora dovete sapere che, inspiegabilmente molte persone, tra cui moltissime dame, implorarono le autorità per la concessione della grazia, arrivando anche a tirar sassi al corteo che conduceva i rei alle forche, ebbene due morirono subito ma due di morire non ne volevano sapere. così dopo un bel po’ che erano appesi, vennero tirati giù e riaccompagnati in prigione dove raccontarono con un filo di voce che s’erano raccomandati l’anima alle reliquie di san Giobatta ( Giovanni Battista ), così il Podestà ed il Consiglio, pensando che fossero stati miracolati, fecero loro grazia della vita.

Nella foto la chiesa di San Teodoro