Una dimora principesca pe’ o “Monarca”

PALAZZO TURSI BIS

Il Palazzo Tursi  oltre che museo è anche sede del comune di Genova. L’ imponente palazzo, sicuramente il più fastoso di quelli eretti nella seconda metà del XVI secolo in strada Nuova ( ora via Garibaldi ), fu realizzato da Domenico e da Giovanni Ponzello a partire dal 1565 per la committenza del nobile Nicolò Grimaldi detto ” il Monarca ” per il gran numero dei titoli nobiliari che poteva vantare e soprattutto per il fatto che, facendo il banchiere, era il più grosso finanziatore del re di Spagna Filippo II, ma si sa come sono alterne le fortune di questo mondo, Filippo II s’ era messo in testa di dichiarare guerra alla regina d’ Inghilterra Elisabetta I, distruggere la sua flotta ed invadere quel’ isola piena di eretici protestanti con la sua ” invincibile armada”, purtroppo per lui, per una serie di circostanze sfortunate,  fu invece la sua flotta ad essere distrutta e  Nicolò Grimaldi vide con orrore tramontare ogni possibilità di recuperare ” le palanche ” che aveva prestato al re Filippo, fu così che egli, con sommo dispiacere, fu costretto a vendere la sua dimora prestigiosa a Giovanni Andrea Doria che la comprò per suo figlio Carlo duca di Tursi  al quale si deve l’ attuale denominazione del palazzo. Il Palazzo Tursi fa parte dei palazzi de “I Rolli” ed è stato dichiarato patrimonio dell’ umanità dal’UNESCO. Nella foto in basso la torre dell’ orologio visibile dal loggiato superiore del cortile interno.

LA TORRE DELL'OROLOGIO

Giovanni Andrea De Ferrari pittore colto

gio andrea de ferrari accademia ligustica

Secondo il Soprani, Giovanni Andrea De Ferrari nacque a Genova nel 1598 c. da famiglia benestante, la sua formazione artistica iniziò nella bottega di Bernardo Castello per approdare poi, in un secondo tempo, in quella di Bernardo Strozzi e proprio lì il nostro Giovanni Andrea affinò quel gusto per il colore che in lui divenne strumento di ricerca della ” Verità”. Il Soprani lo definisce elegante, colto e brillante in giovinezza quanto amareggiato e tormentato dalla Gotta negli anni della sua vecchiaia ( muore nel 1669). A Genova presso il Museo dell’ Accademia Ligustica delle belle Arti si può ammirare un suo dipinto rappresentante la famiglia di Giacobbe, in quest’opera è di tutta evidenza la lezione del Bassano per l’ iconografia  e le citazioni dal Roos per la natura morta  che il nostro restituisce con un linguaggio moderno vicino a quello del Grechetto che  Gio. Andrea, all’epoca della sua  maturità, dimostra di comprendere e di far suo.  Questo dipinto, costruito a piani successivi, termina con l’ apertura ad un paesaggio di sfondo ed è una delle opere di questo pittore che farà dire al Longhi”… corrente capitalissima nell’arte in qui giorni, che tocca anche Orazio De Ferrari ed il Vassallo ed eccelle, poco dopo, nel naturalismo venezieggiante di Giovanni Andrea De Ferrari”.  Dagli anni 40 del XVII secolo il pittore adotta una sigla stilistica che manterrà quasi sino alla fine della sua carriera artistica, un modo di dipingere delicato con una pittura stesa a velature sovrapposte, dai toni caldi e dal tocco vibrante. La costruzione iconografica del dipinto è molto simile a quella de ” La riconciliazione di Labano con Giacobbe “realizzato all’ incirca nel quarto decennio del ‘600, dipinto di collezione privata che Anna Orlando ha pubblicato nel suo libro” Dipinti genovesi dal cinquecento al settecento ritrovamenti dal collezionismo privato”.

Agostino Tassi un artista carogna

carmine

Agostino Buonamico ( si fa tanto per dire… il perché lo preciso più avanti ) detto Tassi nacque a Perugia nel 1605, si trasferì giovanissimo a Roma dove fece il suo apprendistato nella bottega del pittore fiammingo Paul Bril, uno degli antesignani del dipinto di paesaggio incluso quello marittimo; a Roma conobbe il pittore Orazio Gentileschi, fecero amicizia e presto diventarono inseparabili compagni di bagordi e gran frequentatori di bordelli e d’ osterie. Il Tassi uomo di natura irruente e rissosa, oggi è soprattutto conosciuto per il fatto d’aver violentato la figlia del suo amico Orazio, la bella Artemisia al tempo diciassettenne, alla quale  doveva insegnare la tecnica della prospettiva ed invece tra una pennellata e l’ altra … fu al tempo celebrato contro di lui anche un processo, perché il buon Orazio, essendo venuto a conoscenza del fatto, lo denunciò e la cosa che più mi colpì di questo processo fu che invece di torturare lui per fargli confessare lo stupro, fu torturata lei perché ammettesse d’ essere stata consenziente, mah… cose che accadevano nel XVII secolo a Roma, oggi non più perché la tortura è un reato… ma torniamo al nostro Agostino, il quale dopo aver lavorato anche a Firenze dove si fece qualche annetto di galea per risse, arrivò finalmente a Genova dove si fermò per qualche tempo dimorando nel popolare quartiere del Carmine, nel ” Galata” il museo del mare c’è un interessante dipinto suo che mostra la costruzione d’ un galeone su un lido sabbioso circondato da un capriccio di paesaggio.

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UN MONUMENTO FUNEBRE FUNESTO

sato varni 1864 bis

Nel cimitero monumentale di Staglieno a Genova nel settore D al n. 08 troviamo un gruppo scultoreo realizzato da Santo Varni ( Genova 1807-1885) nel 1864. Il monumento dedicato alla memoria di Maria Bracelli, fu commissionato all’artista dai due figli della defunta Anton Maria e Francesco Spinola, ultimi eredi di questa antichissima famiglia genovese. Il monumento si ispira ai modelli della fine del XVI secolo, il sarcofago è sormontato dalla statua umanizzata della Fede con sotto scritto “Io sola son guida al Cielo”, affiancata in basso da due figure allegoriche che rappresentano una il Sonno eterno con la coroncina di semi di papavero ed il cerchio e l’altra la Speranza con la ancora e lo sguardo rivolto verso la Fede. Quest’ opera è ancora lontana dal “Realismo borghese” che fu un fenomeno artistico dominante nella scultura dell’ ultimo quarto del XIX secolo, realismo che avrebbe eliminato le figure allegoriche rappresentando il             ” Dolore” nella sua concretezza più umana. Questo monumento si pensa porti sfortuna perché durante il trasporto dallo studio del Varni a Staglieno sopra un carro, venne chiesto l’ aiuto d’ un passante, ma la statua scivolò e lo uccise sul colpo restando illesa.