VALERIO CASTELLO PROFETA DEL GUSTO BAROCCO

valerio                                                                                       Valerio Castello ( 1624-1659) nato a Genova, figlio del pittore Bernardo Castello, non fu certamente influenzato dai modi di dipingere  del padre che morì quand’egli aveva solo cinque anni, anzi la madre cercò d’ indirizzarlo verso gli studi letterari, molto presto però, a detta del Soprani, i suoi interessi si rivolsero verso l’ esercizio della pittura per la quale dimostrò sin da giovanissimo grande inclinazione. I suoi primi maestri furono il Fiasella e Gio. Andrea De Ferrari, ai quali però non può considerarsi debitore se non per la tecnica meccanica di preparare i colori e le tele, infatti nel panorama artistico culturale del tempo in cui visse, egli può ben essere considerato un attento autodidatta rivolto a cogliere ogni espressione artistica fuori dalla ristretta e provinciale area del genovesato. Perin del Vaga ed il Procaccini, poi la grande lezione di Rubens e Van Dick ed ancora il Correggio ed il Parmigianino, fecero maturare il suo genio libero ed indipendente che lo portò a realizzare nuove ed ardite soluzioni formali, quel gusto del non finito pieno d’ una sensualità non priva d’ un certo languore, un segno grafico spezzato e guizzante che rappresenta quasi una firma nelle sue opere. Valerio fu un artista dal tratto veloce, tanto che alcuni suoi contemporanei criticarono il suo disegno, a loro avviso poco corretto, quasi bozzettistico, non capendo che la sua sensibilità poetica lo portava a privilegiare la ritmica composizione dei volumi  che non l’ ottica verità del particolare. Tutto ciò lo portò a creare uno stile nuovo e personalissimo che si staccò nettamente dalla cultura post-controriformistica della prima metà del XVII secolo, quasi un profeta pre-settecentesco e del gusto Barocco. Nei lavori di questo artista si riscontra una perfetta fusione tra scenografia ed azione, colmi di quel sentimento romantico che era insito nel suo animo, condizionato solo dalla sua libertà creatrice, libertà che lo portò a realizzare in un vertiginoso lirismo opere insigni che in un tumultuoso serpeggiare di linee curve e spezzate sfacevano i volumi per divenire simboli pittorici d’ una rappresentazione poeticamente illusoria. La morte  lo colse alla giovane età di soli 35 anni, ucciso dalla grande pestilenza che alla metà del 1600 decimò la popolazione di Genova, nonostante ciò possiamo affermare che non solo nelle opere di Gregorio De Ferrari e di Alessandro Magnasco, ma in gran parte della produzione europea del XVIII secolo è riconoscibile l’ impronta di questo grande maestro genovese. 

antichita-burlando-bis                                                                                                            Antichità Burlando  Via Roma  55 r   Genova ( anno 1997)

UN VAN DICK IN MOSTRA

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Nel museo Beni Culturali Cappuccini di Genova, in occasione del Natale  è stata allestita una mostra : ” Contempliamo il Presepio, la bellezza di Maria nell’arte” dal 3 Dicembre al 2 febbraio 2017, se la visiterete avrete la possibilità di vedere un dipinto di collezione privata  del grande pittore fiammingo Antoon Van Dick ( Anversa 1599 – Londra 1641 ) rappresentante La Madonna con il Bambino e San Giuseppe, oltre ad altri preziosi reperti inerenti all’Avvento.

DAI BRIGNOLE ALLE BRIGNOLINE

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Il presepe del signor Checco Brignole fu donato al convento di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario dove le suore Brignoline lo hanno amorevolmente conservato per centinaia di anni, si tratta d’ un eccezionale complesso di figure presepiali di grandi dimensioni composte da manichini lignei articolati più una decina di animali interamente  intagliati e dipinti  in policromia.. Nonostante la grande qualità delle figure, questo presepe è poco conosciuto, fu attribuito per molto tempo alla bottega del Maragliano, ma al di là delle vesti sontuose dei signori e quelle misere dei popolani che richiamavano esplicitamente la moda in auge nel genovesato nel XVIII secolo, nulla riconduceva questo straordinario presepe a Genova sotto l’ aspetto formale, per esempio a differenza dal genovese dove le figure sono così caratterizzate da formare veri e propri ” tipologie di personaggi ” immediatamente riconoscibili, in questo presepio le figure sono tanto particolareggiate da formare quasi una galleria di ritratti, l’ autore, con compiaciuto distacco, realizzò i suoi personaggi con un verismo sconcertante mettendo impietosamente in evidenza rughe e deformità patologiche. Queste considerazioni di carattere stilistico e formale ricondussero questo presepio ad una bottega napoletana attiva nell’ultimo quarto del XVII secolo, forse quella di Nicola Fumo ( 1647-1725 ) uno dei più importanti scultori napoletani  del periodo tardo barocco.

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nella foto un nano moro del seguito del Re mago Baldassarre

IL PRESEPE DELLA DUCHESSA

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La duchessa Maria Brignole Sale e suo figlio Filippo De Ferrari commissionarono a Voltri     ( Genova )   un ambiente appositamente destinato  all’esposizione del loro presepio che fu donato al Santuario di Nostra Signora delle Grazie nel 1873. Questo presepio composto da numerose  statuine di scuola genovese e napoletana realizzate nel XVII, il XVIII ed il XIX secolo, si presentava in uno stato di grave deterioramento; grazie al contributo della Compagnia di San Paolo ed alla partecipazione di numerose associazioni culturali, commerciali e da privati, si è potuto procedere al restauro delle statuine, alcune delle quali vengono presentate al pubblico nella mostra ” Legno, stoppa, crine e tessuti preziosi, il Presepe della duchessa di Galliera a Palazzo Spinola ”  dal  16 Dicembre 2016 al 5 Gennaio 2017. La differenza sostanziale tra le statuine genovesi e quelle partenopee sono i materiali usati per animare i diversi personaggi, le genovesi avevano il corpo, la testa e le membra in legno intagliato e scolpito mentre le napoletane avevano il corpo in canapa  con le mani, i piedi e le teste in terracotta dipinta.                                                                                                     Alcune statuine genovesi , secondo lo storico Sommariva, sono da attribuirsi a Pasquale Navone ( Genova 1746 – 1791 ).

La Galleria Nazionale di Palazzo Spinola è  nel centro storico di Genova in Piazza Pellicceria

IL SALOTTO DELLA PACE

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Dalla Stazione Principe di Genova comincia la via Balbi percorrendo la quale si arriva a Piazza della Annunziata, a metà strada sulla nostra destra troviamo lo straordinario palazzo Balbi – Durazzo, oggi museo, comunemente conosciuto come Palazzo Reale dopo che i Savoia l0 acquistarono nella prima metà del XIX secolo per farne la loro sede di rappresentanza. Il palazzo è d’ una bellezza fascinosa  essendo riuscito  a preservare molti dei suoi ambienti dai danni inferti dal tempo e dagli uomini, come per esempio il cosiddetto ” Salotto della Pace ” che prende il nome dall’affresco della volta rappresentante in allegoria l’ abbraccio della Pace con la Giustizia, realizzato dal pittore genovese Domenico   Parodi ( 1672 – 1742 ) che lo portò a termine alla fine del suo percorso artistico, le riserve che si trovano ai lati della volta furono invece dipinte dal pittore bolognese Jacopo Antonio Boni  ( 1688- 1766 ) e rappresentano l’ allegoria delle  quattro stagioni, da notare che gli stucchi rococò, parzialmente dorati in oro zecchino, furono realizzati contemporaneamente ai dipinti ed avevano una  duplice funzione: decorativa e di raccordo spaziale ai dipinti.

UN MACABRO TROFEO PER LA TORRE GRIMALDINA

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Nell’aprile dell’ anno del Signore 1507 a Genova ci fu una ribellione contro la repubblica aristocratica ed i francesi, i cittadini incoronarono doge un popolano di nome Paolo da Novi, ma nello stesso mese i nobili ripresero il sopravvento e misero una taglia di 800 ducati per chi avesse consegnato loro il doge eletto dal popolo, intanto il nostro Paolo,visto che tirava brutta aria, cercò di fuggire per mare alla volta di Roma, per far ciò si imbarcò sulla nave d’ un camogliese, un certo Corsetto, il quale fece finta di assecondarlo ma, essendo a conoscenza della taglia, lo imprigionò e poi lo consegnò ai francesi che lo riportarono a Genova, qui, dopo un processo sommario al quale presenziò rivestito di stracci che lo avevano obbligato ad indossare per disprezzo, fu condannato a morte per alto tradimento, e per far si che la ribellione non si ripetesse mai più,  come monito ai popolani riottosi, oltre ad essere decapitato, il suo corpo fu squartato in quattro pezzi da esporre nei diversi quartieri della città, la sua testa doveva invece esser posta sulla sommità della torre Grimaldina come macabro trofeo.  La Torre Grimaldina risalente ad epoche remote sino al XIV secolo fu chiamata ” Torre del popolo” e venne usata come carcere sino al 1930.