
Quotidianamente siamo ormai abituati a leggere su giornali di violenze, stupri ed omicidi perpetrati tra le mura domestiche, proprio tra quelle mura che invece dovrebbero garantire sicurezza e protezione. Singolare il fatto che quando si legge qualcosa di edificante, la notizia passa subito in secondo piano rispetto al fatto violento, al quale, non solo viene dato più risalto, ma quasi subito crea tra alcuni dei fruitori della notizia, desiderio di emulazione, allora pensiamo:” che tempi oscuri sono questi dell’inizio del terzo millennio”. Conoscendo un po’ la storia però ci si rende conto che anche nel passato le cose non giravano per il verso giusto, esempio lampante fu Artemisia Gentileschi violentata a soli 17 anni dal collega di lavoro e di bisbocce di suo padre Orazio, il pittore Agostino Tassi, che avrebbe dovuto insegnarle la “prospettiva”, essendo lei, l’unica tra i figli del Gentileschi, a voler diventare pittrice, invece abusò di lei approfittando d’ essersi trovato solo con la ragazza. Il Tassi cercò di evitare d’essere denunciato promettendo ad Artemisia e a suo padre Orazio di sposarla, ma dopo qualche mese i Gentileschi vennero a conoscenza che il Tassi era già sposato e con prole a carico, per cui venne denunciato, imprigionato a Tor di Nona e processato, e proprio durante il dibattimento, di fronte ai giudici, Artemisia senza paura ne vergogna, confermò quanto letto dal capo dei notai che con voce monocorde lesse quanto segue: ” quando fummo alla porta della camera lui mi spinse dentro e serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto….havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntatomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro che lo sentivo che m’incedeva forte e mi faceva gran male che per l’impedimento che mi teneva alla bocca non potevo gridare…E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli ….” Il Tassi, ovviamente, negò tutto, per cui il giudice ritenne opportuno, per conoscere la verità, ricorrere alla tortura, come era d’uso nel primo quarto del XVII secolo e quindi ordinò ad un aguzzino di sistemare le corde intorno alle dita e di stringerle ma non a lui ma a lei……sottoposta alla tortura detta della “Sibilla”, che consisteva nel legare delle cordicelle alle mani dito per dito, cordicelle che poi venivano strette sino a stritolare le falangi, la tortura cominciò, e mentre l’aguzzino girava lentamente il randello a cui erano collegate le corde che le straziavano le mani, Artemisia gridò guardando negli occhi il Tassi : ” E’ vero, E’ vero, E’ vero! ” e poi rivolgendosi a lui gli rinfacciò: ” …Questo è l’anello con cui mi sposi, questi sono i tuoi giuramenti !” il giudice interruppe la tortura che durò il tempo di un miserere. Artemisia barcollando stremata dal dolore si allontanò ed il Tassi venne riportato in galera dove per la verità restò per poco tempo. Lei diventerà un genio immortale, mentre lui verrà ricordato solo per quel’ atto di violenza nei confronti d’una ragazzina. Nel Palazzo Ducale di Genova è stata allestita una bella mostra dedicata a questa straordinaria pittrice visitabile dal 16 Novembre 2023 al 1 aprile 2024.
Nella foto il dipinto olio su tela realizzato da Artemisia a soli 17 anni raffigurante “Susanna ed i vecchioni” si dice che nelle fattezze del vecchio barbuto la pittrice abbia raffigurato suo padre mentre il personaggio più giovane sarebbe il Tassi.
Bibliografia : ” Artemisia ” di Alexandra Lapierre ed. Mondadori