IL PRINCIPE DEI COMO’ DEL ‘700

In Italia nel XVIII secolo, a differenza dei grandi stati europei quali la Francia, la Spagna e la Gran Bretagna, ci furono un gran numero di potentati e di staterelli che da una parte diedero la possibilità ai nemici d’oltralpe di sfruttare questa divisione tra gli italiani invadendoci a loro piacimento, d’altra parte però si svilupparono nelle regioni stili diversi nella moda e nell’ebanisteria molto interessanti che contribuirono a contraddistinguere ed alle volte enfatizzare la capacità e la bravura di artisti, scultori ed ebanisti; ad esempio in Liguria ed a Genova in particolare, prese campo uno stile particolarissimo il cosiddetto “barocchetto genovese ” che ispirandosi al Luigi XV francese, creò mobili tanto particolari da essere apprezzati ed amati in tutta Europa. I nostri ” bancalari “, così venivano chiamati i costruttori di mobili a Genova , dalla metà del 1700 e sino al 1770 circa realizzarono mobili stupendi mantenendo sempre la stessa impostazione contraddistinta da un’eleganza morbida, sinuosa ed estremamente raffinata tra i quali il cassettone o comò che dir si voglia, che é forse il mobile più caratteristico perché da questo derivarono i comodini, gli angolari, le ribalte ed i trumeaux.

Il comò genovese di questo periodo è caratterizzato da sostegni slanciati e calzati in eleganti zoccoli in bronzo cesellato e dorato che si raccordano con un unico movimento al centro del mobile detto “pancetta “, le catene non sono mai a vista, i montanti sono mossi e formano un movimento unico ed omogeneo rispetto a quello delle gambe formando inoltre la classica aletta elegante e sinuosa che forma un tutt’uno con il fronte del mobile mosso ad arco di cupido, anche i fianchi sono mossi così come il piano del mobile che seguendo sempre l’andamento del fronte del cassettone può essere di legno o di marmo ed in quel caso avrà uno spessore di circa 2,7 cm., una curiosità da evidenziare: alle volte il costo del piano in marmo, se pregiato come quello mostrato nella fotografia che é un broccatello di Spagna, superava quasi il costo del mobile, il fronte era a due cassetti, dei quali quello verso il basso aveva incorporato il grembiule, più uno o due tiretti sotto il piano. Le ferramenta erano in bronzo cesellato e dorato al mercurio, processo che consisteva nel bagnare uniformemente l’oggetto da dorare con acido nitrico, poi veniva preparato un composto oro/ mercurio con cui spruzzare l’oggetto ( rigorosamente solo nelle parti visibili ) ed infine l’oggetto veniva posto in una fornace, ad alta temperatura il mercurio evaporava e l’oro restava applicato indelebilmente alla superficie, era un processo pericoloso perché liberava sostanze altamente tossiche, corrosive ed inquinanti, deleterio per chi nel ‘700 lo faceva, considerando anche le scarse protezioni che venivano usate in quell’epoca.

Concludendo il comò aveva una struttura in legno povero lastronata in legni esotici quali il palissandro e il prezioso bois de rose con cui venivano realizzate le filettature ed i tipici cuori che solitamente creavano un motivo a quadrifoglio.

Un ringraziamento al mio amico Alberto Capozzi per avermi consentito di fotografare il comò mostrato nel mio articolo.

LA MALEDIZIONE D’UNA POVERA STREGA

Nel XVII° secolo il centro storico di Genova pullulava di mendicanti, nullafacenti provenienti dai sobborghi della città, invalidi per ragioni dovute alle guerre della Repubblica, malfattori e meretrici che dalle pendici del monte Albano ( l’attuale via della Maddalena ) esercitavano il mestiere più antico del mondo, oltre che signori che si facevano trasportare in portantina dai loro servitori ( le carrozze non erano adatte dato che i vicoli erano angusti e non ne consentivano il passaggio ) .Tra tutta questa variegata umanità viveva Cattarina Manola soprannominata ” Cagna Corsa ” forse per le sue origini. Cattarina mendicava dalla mattina alla sera e nel chiedere l’elemosina era piuttosto insistente, inoltre, se veniva scacciata, lanciava improperi e maledizioni anche dirette ai bambini, ora dovete sapere che nel 1600 la mortalità infantile era piuttosto elevata e cominciò a circolare la calunnia che fosse Cattarina, con le sue maledizioni, ad aver provocato la morte di alcuni bambini, i genitori inferociti la denunciarono quale ” strega “alle pubbliche autorità, la povera donna fu arrestata e trascinata dagli armigeri nel palazzetto criminale che era situato in via Tommaso Reggio, qui venne, come d’uso, coscienziosamente torturata e per porre fine ai tormenti Cattarina confessò d’essere una discepola del demonio, quindi, dopo un processo sommario, venne portata in piazza Banchi dove fu eretta una catasta di legna e bruciata viva tra i dileggi e gli insulti della popolazione intervenuta ad assistere al terribile spettacolo. Nella memoria popolare si racconta che, prima di morire, Cattarina, raccogliendo le ultime forze che le rimanevano, urlò agli astanti un’ultima terribile maledizione e che la pietra del selciato della piazza dove sarebbe morta sarebbe rimasta nera per sempre, pare che ancor oggi sia visibile, era l’anno del Signore 1630. Qualche anno dopo, nel 1656, scoppiò a Genova una terribile epidemia di peste bubbonica che uccise il 70 per cento della popolazione al tempo stimata in 100.000 anime. Non sarà stata certamente la maledizione di Cattarina ad aver portato la peste a Genova, sicuramente però é un fatto singolare che fa riflettere.

PRA’ CON L’APOSTROFO SULLA A

Sabbo a Camoggi dumenega a Pra’….. così finisce ogni strofa del canto popolare ligure “Olidin olidin olidena” , Pra’ é un quartiere genovese posto a ponente, il suo nome deriva da Prata Veituriorum, ( prati dei Venturii), i Venturi furono un’antica popolazione ligure che viveva in un’area posta tra il torrente Polcevera ed Arenzano prima della conquista romana; Pra’, essendo un abbreviazione della parola prati si scrive con l’apostrofo e non con l’accento sulla A. Questo quartiere nel passato fu sede di cantieri navali specializzati nella costruzione di brigantini, il che comportava l’esistenza di un importante indotto come per esempio quello per la fabbricazione delle corde e quello dei bozzelli, ancor oggi esiste la via dei Bozzellari e via dei Cordanieri , queste attività finirono con l’estensione verso ponente del porto di Genova. Il micro-clima particolarmente asciutto e mite di questo quartiere ha, sin da tempi remoti, favorito le culture agricole e tra queste la più conosciuta é quella del “basilico”, principale ingrediente per il “pesto genovese “. All’inizio del XIX secolo fu anche un rinomato centro balneare, ma, negli anni 70 del secolo scorso, il comune di Genova decise di costruire un porto container sul suo litorale, i lavori si protrassero per molti, molti anni devastando il territorio e creando enormi disagi alla popolazione praina, disagi per usare un eufemismo, solo la terrificante alluvione del 1993 convinse il comune di Genova a cancellare una parte del progetto iniziale che prevedeva un terrazzamento completo del litorale, soffocando definitivamente nel cemento armato questo angolo di costa, fu invece creato un braccio di mare posto tra l’abitato ed il porto, il cosiddetto “canale di calma “, la fascia di rispetto ed anche il campo per le regate di canottaggio, è singolare affermare che, alle volte, anche da un evento catastrofico possa nascere qualcosa di buono.

TRENETTE AL PESTO

Il pesto genovese é un condimento per la pasta asciutta e non solo tipico della Liguria, il nome deriva dal fatto che le foglioline di basilico ( originario di Pra’ se é possibile ) vengono pestate in un mortaio di marmo insieme al sale grosso, ai pinoli, ad uno spicchio d’aglio, al parmigiano reggiano, un po’ di formaggio sardo ( io non ce lo metto ) ed una goccia d’olio extra vergine d’oliva. Le origini del “pesto ” si perdono nella notte dei tempi sebbene la prima ricetta risalga solamente alla seconda metà del XIX secolo, secondo la tradizione, il piatto più celebrato é quello di condirci le trenette, una sorta di pasta simile ad uno spaghetto schiacciato di medio spessore, il toponimo deriva da ” trenna ” che in dialetto significa stringa ed ad osservarle attentamente le trenette sembrano proprio delle stringhe di media lunghezza. Le trenette con il pesto sono senz’altro il piatto della cucina ligure più conosciuto nel mondo e si servono accompagnandole a patate e fagiolini bolliti cotti a parte che vengono amalgamati con il pesto al momento in cui si scola la pasta. Concludendo, vi scrivo una poesia di Aldo Acquarone presa dal suo volume ” I Sonetti ” in cui si celebra questo condimento.

O PESTO

Pe’ primma cosa mèttite o scosà./piggia do baxaicò fresco e noello,/ un spigo d’àggio, di pigneu, da sà/

do parmixàn grattòu proprio de quello/ e caccia tutto quanto in to mortà./ Cantando ‘na cansòn o ‘n ritornello pesta e remèscia sensa fà schittà/ travagiàndo de gòmio e de pestello./Quando o l’é tutto unio comme ‘na pasta/ agguanta un fiasco d’ euio do ciù bon/ e remesciàndo allunga quanto basta./Ed ecco o pesto profumòu da mette/ in ta pugnatta insemme ao minestròn/ o pe condì un monte de trenette.

traduzione per “I Foresti ” ( non genovesi )

IL PESTO

Per prima cosa mettiti il grembiule/ prendi il basilico fresco e novello/ uno spicchio d’aglio, pinoli, sale, parmigiano grattuggiato proprio di quello/ e butta tutto quanto dentro il mortaio/ Cantando una canzone o un ritornello pesta e rimescola senza fare schizzare/lavorando di gomito e di pestello/ Quando é tutto amalgamato come una pasta/ acchiappa un fiasco d’olio del più buono/ e mescolando allunga quanto basta /ed ecco il pesto profumato da mettere/ nella pentola insieme al minestrone,/ o per condire una montagna di trenette.

QUINTO AL MARE

Quinto al mare é un quartiere residenziale di Genova posto tra il mare e le pendici del monte Moro, Il toponimo deriva dal fatto che é posto al quinto miglio dalla città di Genova lungo l’antica strada romana che va a levante. Anticamente vi era qui una fortezza eretta dagli abitanti del luogo per far fronte alle numerose scorrerie dei saraceni, che, partendo dalla Corsica con le loro feluche, attaccavano i paesi del genovesato seminando morte e distruzione. Nei pressi di questa fortezza sul finire del XIV secolo si scontrarono i Fieschi con i loro alleati del partito Guelfo con gli Adorno che parteggiavano per i Ghibellini, suonandosele di santa ragione, in quell’occasione i Fieschi ebbero la meglio, riuscirono a penetrare nella fortezza trucidando senza pietà tutti coloro che trovarono sulla loro strada. Il fortilizio fu diroccato dal bombardamento della flotta inglese nel 1746 e distrutto nel successivo bombardamento del 1814, al suo posto fu eretta, alla metà del XIX secolo, la cosiddetta “Casa dei Capitani “. A Quinto, da sempre noto come borgo marinaro, molti dei suoi concittadini furono comandanti di galea o ” Buonavoglia ” (*) ai tempi della Serenissima Repubblica . Nel XIX secolo si trasformò in centro armatoriale per la costruzione dei velieri mercantili atti alla navigazione costiera, i ” Leudi ” così ben rappresentati al “Galata ” il museo del Mare di Genova. Oggi a Quinto vi sono diversi ristoranti e trattorie tipiche dove poter gustare le specialità della cucina ligure.

(*) i ” Buonavoglia ” erano liberi cittadini che si arruolavano come marinai ai remi delle galee genovesi a tempo determinato e ai quali spettava una paga che variava a seconda della lunghezza e della pericolosità del viaggio.

LA SCOGLIERA DI MIRAMARE

Non so se succede anche a voi, ma alle volte si é tanto abituati alla bellezza che non ci si fa più caso, sempre presi dai nostri pensieri, dalle preoccupazioni, dal lavoro che non ci gratifica pienamente, dalla famiglia, dai cellulari che non smettono di trasmetterci messaggi di amici e di una pubblicità invadente e persistente che ci manda fuori dai gangheri, a me é capitato di percorrere la passeggiata sul mare di Nervi intitolata ad Anita Garibaldi andando verso il porticciolo di questo ultimo baluardo di Genova a levante e di guardare per la prima volta con attenzione la scogliera di Miramare, un sito geologico strutturale e geomorfologico di grande interesse che comprende una falesia attiva alta una ventina di metri circa in cui affiorano le torbiti calcareo- marnose della formazione del monte Antola in strati massicci che si presentano fittamente ripiegati, giacenti mediamente in posizione sub-verticale. Questa meraviglia della natura si formò da sedimenti formatisi nel periodo del Cretaceo superiore circa 80 /70 milioni d’anni fa come conseguenza di imponenti movimenti tellurici sottomarini, sulle parti degli strati superiori sono frequentemente visibili tracce di fossili di quel periodo. Guardando stupefatto questa scogliera ho capito, una volta di più, che ho avuto fortuna, perché ho potuto vivere quasi tutta la mia vita in un posto che solo a guardarlo ti da gioia.