
Genova era ed é una città multietnica per tradizione, già in epoca medioevale la città era popolata da folte comunità di “foresti ” ( stranieri ) ed anche di schiavi come testimonia un documento datato 1482. Queste persone ridotte in schiavitù provenivano in parte dal Levante ed altre dalle coste africane, prevalentemente erano sudditi ottomani e barbareschi presi prigionieri in battaglia e nelle numerose guerre di “Corsa ” o anche acquistati su altre piazze. La schiavitù nel mar Mediterraneo funzionava a doppio senso, i cristiani schiavizzavano i nemici catturati e loro facevano lo stesso ai cristiani che cadevano nelle loro mani durante le scorrerie lungo le coste liguri, a Genova esisteva un apposito “Magistrato del Riscatto ” con il compito di negoziare la liberazione di nostri concittadini mediante il pagamento d’una cifra che variava a seconda dell’importanza della persona imprigionata. Gli schiavi a Genova, se di robusta costituzione, venivano incatenati ai remi delle galee, altrimenti erano destinati al servizio domestico, alcuni di loro, chiamati “papassi ” godevano di diversi privilegi rispetto ai loro compagni di prigionia, tra i quali la “rappresentanza ” una forma antesignana di sindacalista. I bambini nati dalle schiave seguivano la sorte dei loro genitori, se graziosi, venivano usati come paggetti come si evince da questo bel dipinto di Domenico Parodi ( Genova 1672 – 1742 ), databile al primo quarto del XVIII secolo, che raffigura una dama genovese con il suo paggio. Tutto quanto da me scritto é ben rappresentato nella mostra: “OTTOMANI BARBARESCHI MORI E ALTRE GENTI NELL’ARTE A GENOVA ” FASCINAZIONI SCONTRI SCAMBI NEI SECOLI XVII – XVIII allestita nello splendido palazzo Lomellino di via Garibaldi.