
Sul finire del secolo XVIII a Genova, con l’imporsi dello stile neoclassico portato in auge da artisti come Antonio Canova e Thorvadsen, si assiste ad un graduale cambiamento nella costruzione dei mobili da parte dei bancalari ( falegnami ) genovesi, che, come in altre regioni italiane, cominciarono a costruire i loro manufatti ispirandosi in parte ai ritrovamenti effettuati durante gli scavi di Ercolano e di Pompei . Il periodo del primo neoclassicismo chiamato Luigi XVI è posizionato tra il 1774 ed il 1790, tuttavia esiste un periodo cosiddetto di transizione che allungò di qualche anno questo spazio temporale, questi mobili sono distinguibili dagli altri perché conservano alcune caratteristiche del rococò, modificate però secondo i nuovi dettami della moda che, anche in questo caso, ha Parigi e la Francia come riferimento. In questo mio post andiamo a descrivere un comò genovese perché, anche in questo caso, dal comò derivarono tutta una serie di mobili e mobilini che a lui faranno riferimento. Il comò illustrato nella foto é uno splendido mobile genovese, anche se il ricco repertorio decorativo utilizzato per gli intarsi riprende alcuni elementi presenti in analoghi mobili intarsiati nell’area milanese. Il fronte del comò è dritto a due cassetti e da un tiretto soprastante sostenuto da una catena , i montanti sporgenti dal corpo del mobile sono sagomati a parallelepipedo e desinenti verso il basso con sostegni sagomati a piramide rovesciata terminante con bicchierini in bronzo ingentiliti da un motivo fitomorfo sulla loro sommità, il piano in marmo verde delle alpi è leggermente sporgente e segue l’andamento del mobile. Il comò realizzato in legno povero, é lastronato al centro in bois de violette sagomato a lisca di pesce, filettato in bosso con motivi lanceolati ed incorniciato da una fascia in acero tinto in verde con intarsi che ricordano grifoni contrapposti probabilmente desunti da motivi delle “grottesche”, il tutto impreziosito da maniglie e bocchette in bronzo cesellato e dorato a fuoco. Non sappiamo chi fu l’artefice di questo splendido comò, contrariamente a quanto avvenne in Francia, dove i mobili, obbligatoriamente, dovettero avere i marchi del mastro costruttore, a Genova l’obbligo si fermò all’iscrizione alla Corporazione dei “Bancalari”, quindi diciamo che é estremamente raro trovare una firma su un mobile genovese , io, in tanti anni di lavoro, l’ho trovata solo due volte.