La Tomba dei Gatti

Visitando il Cimitero Monumentale di Staglieno (Genova), nel porticato superiore del settore D ci troviamo di fronte alla tomba della famiglia Gatti realizzata nel1875 dallo scultore genovese Giuseppe Benetti ( 1825- 1914 ).Il Nostro ebbe come maestro Santo Varni alla “Ligustica ” di Genova, nel 1852 completò la sua formazione artistica a Firenze dopodiché ritornò nella sua città natale. Dagli anni ’70 del XIX secolo il suo stile rigidamente accademico, si evolse pian piano verso una maniera più attenta alla resa psicologica dei personaggi rappresentati nelle sue sculture ed anche ad un realismo che potesse far presa sulle emozioni del riguardante. La ricca classe borghese di Genova gli commissionò diverse tombe monumentali, tra le quali quella rappresentata della famiglia Gatti. Sullo sfondo dì un impianto classicheggiante avente una porta al centro della scena che rappresenta il passaggio tra la vita terrena e quella del Cielo, il Nostro introduce naturalezza e realismo alla sua opera raffigurando due figure femminili , una, la vedova sofferente seduta su i gradini di pietra scalza e vestita con abiti moderni e l’altra donna in piedi personificazione del dolore, a lato un bambino piangente, ed in alto un bassorilievo con l’episodio evangelico della vedova di Naim. In questo gruppo scultoreo il Benetti ci mostra come il suo stile classico, come detto, andasse verso uno stile emozionale ed ad un immaginario simbolico alle volte anche religioso.

A creuza do Diao

A Genova, In pieno centro città, tra la miseranda piazza Piccapietra, che prende vita soltanto nel periodo natalizio con il ” Mercatino di San Nicola” e la Galleria Mazzini, una volta considerata il foyer del teatro dell’opera intitolato a Carlo Felice ed a quei tempi piena di vita ed ora triste, per usare un eufemismo, si trova uno stretto caruggio ( vicolo ) enfaticamente chiamato via dei Cebà, nobili genovesi noti sin dal XII secolo, che vedendo la via che li ricorda, si rivoltano sicuramente nei loro sacelli. Questa viuzza asfaltata può essere d’interesse solo per constatare l’enorme scavo che fu fatto alla fine del XIX secolo per la creazione della Galleria Mazzini e della via Roma, evidenziato, guardando verso il cielo, dal portone del civico n.3 che un tempo era all’altezza della strada e adesso si trova sospeso in alto, con sotto un cantiere di non so che cosa posto sopra un terrapieno che restringe ulteriormente la via, abbellita anche da una lunga fila di cassonetti per la spazzatura che, peraltro, viene con disinvoltura depositata anche fuori dai contenitori, una vera esposizione di bancali, scatoloni di ogni tipo e fattura, appendiabiti e quant’altro, una vero e proprio museo della ” rumenta ” ( in lingua genovese spazzatura ). Per completare lo scempio, la strada finisce con un moderno orinatoio a gettone da tempo non funzionante. I perché di tutto questo nessuno lo sa, può darsi che questo pezzetto di Genova sia stato maledetto, infatti nei tempi antichi era chiamato a Creuza do Diao ( salita del diavolo ), evidentemente perché non era molto ben frequentato. Nella prima metà del ‘900 invece fu frequentato anche troppo, perché qui era la più lussuosa casa di tolleranza di Genova, la mitica ” Suprema “, questo bordello fu noto non solo per la pulizia, l’arredamento di gran gusto e per la bellezza delle ragazze che offrivano i loro servizi avvolte in serici veli, ma anche perché frequentato dalla crema dell’aristocrazia cittadina. Quando la legge della senatrice Lina Merlin fu approvata nel 1958, su tutto il territorio nazionale furono chiuse le case di tolleranza, ed anche la “Suprema” dovette chiudere con gran dispetto dei suoi affezionati clienti.

Cundigiun o Condiglione una pietanza ligure

Il cundigiun, in italiano condiglione, é un piatto freddo perfetto per la stagione estiva, per prepararlo bastano gli ortaggi di stagione e le gallette, famose quelle di Camogli, che per secoli hanno sfamato la gente che andava per mare; é veramente singolare che un popolo che nel mare e dal mare ha avuto nel passato potenza e gloria, molte volte abbia scelto come nutrimento prodotti che vengono dalla terra. Gli ingredienti, come detto, sono gli ortaggi di stagione a cui si può aggiungere uova sode, tonno o acciughe dissalate, capperi ed olive taggiasche, il tutto condito con olio d’oliva e sale quanto basta e buon appetito.

Genova in una canzone

…. Ti vedrò affondare in un mare nero/proprio dove va a finire l’occidente/

Ti vedrò rinascere incolore/ ma chiederai ancora amore

senza sapere quel che dai/perché é la vita intera che grida dentro/

o forse il fumo di Caricamento…..

da ” Notti di Genova ” di D. Malaspina , C. De André, G. Vanni

L’Acquasola ed il suo salice piangente

A Genova, negli anni 50 del secolo scorso, nel parco dell’ Acquasola esisteva una pista per andare in bicicletta, io imparai ad andare in bici proprio lì, quando ero stanco di pedalare, mia mamma mi accompagnava a guardare i cigni del laghetto che pigramente nuotavano con i loro piccoli e, quando erano stufi degli strilli dei bambini, si rifugiavano sotto le fronde d’un salice piangente posto su un isolotto in mezzo all’acqua. Da molto tempo i cigni non sono più, e pure il salice é passato a miglior vita. Oggi, percorrendo a piedi corso Andrea Podestà, senza una precisa ragione, sono entrato nel parco e sono rimasto basito quando ho visto che sull’isolotto del laghetto c’é di nuovo un salice piangente che, con le sue fronde accarezzate dalla brezza, sfiora lo specchio d’acqua come una volta. Francamente credevo d’essere l’unico ad avere nostalgia di quell’albero, ma evidentemente non é così, o forse é stata la ninfa “Sola”, una delle driadi che gli antichi romani pensavano vivessero nei boschi proteggendoli, e che, secondo alcuni, diede il nome a questo luogo, il cui toponimo deriverebbe proprio da Acqua, perché anticamente vi scorreva un corso d’acqua che poi si congiungeva al Rio Torbido ( oggi completamente interrato ) e alla ninfa “Sola”.

Le Catene di Porto Pisano

Nel centro storico di Genova, in piazza Sarzano che nel medioevo fu teatro di giostre di cavalieri, é l’ingresso del Museo della Scultura Ligure e non solo…. Attualmente é visitabile solo in parte, perché si sono resi necessari lavori di straordinaria manutenzione non più procrastinabili. Nell’antica chiesa sconsacrata di sant’ Agostino, facente parte del museo, é visibile questo rilievo preso da una casa demolita di Vico dritto Ponticello angolo via dei lanaioli, é un rilievo commemorativo della presa di Porto Pisano da parte dei genovesi, realizzato in marmo bianco apuano recante la data del 1290. Nel rilievo sono facilmente identificabili le poderose catene che chiudevano il porto impedendone l’accesso ai vascelli nemici. Ritorniamo un momento indietro nel tempo, Pisa e Genova non perdevano un’occasione per darsele di santa ragione, sino ad arrivare alla battaglia della Meloria nel 1284 quando la flotta genovese sconfisse quella pisana. Interessante a tal proposito lo scritto di Mariano Bargellini del 1869 che recita testualmente: ….I Genovesi, poiché si videro contro lor voglia trascinati ad una lotta mortale, messo da parte ogni pensiero di conciliazione, attesero a prendere tutti quei provvedimenti che credettero migliori ad ottenere un successo completo……Nella città era immenso il desiderio di fiaccare l’audacia dei pisani: fu proibito ai reduci di sbarcare, poste in ordine le galere che si trovavano nel porto disarmate, le ciurme, nonché mancassero, soverchiavano, poiché la popolazione di fuori e di dentro (le mura ) entusiasmata si affollava per imbarcarsi. Avanti che lo stesso giorno terminasse , ottantotto galere .parte della città, parte delle riviere, ed otto panfili, navi leggere usate per messaggi, erano pronte a far vela sotto il comando di Oberto Doria, capitano del popolo…. Sappiamo come andò a finire, La flotta pisana fu in gran parte distrutta e pochi riuscirono a fuggire, anche il loro comandante Alberto Morosini fu ferito da un balestriere e catturato, tuttavia le galere genovesi, stracariche di prigionieri e di bottino, fecero vela verso Genova e solo dopo qualche anno attaccarono Porto Pisano riuscendo, con uno strattagemma, a spezzare la grande catena che impediva l’accesso al porto che fu interrato e da quel momento il declino di Pisa fu segnato. Le Catene furono prese dai genovesi ed appese come trionfi alle porte della città, solo nel 1860 furono restituite a Pisa come segno di fratellanza per la nascita del nuovo Regno d’Italia, in fondo dopo 570 anni ci si poteva mettere una pietra sopra alle inimicizie del passato.

Quattro Lampadari per un ricordo struggente

A Genova la Galleria Mazzini nel secolo scorso fu ritrovo di intellettuali, poeti ed artisti d’ogni genere, era anche considerata come il foyer del teatro Carlo Felice con i suoi ritrovi, i bar ed i suoi ristoranti, da bambino c’ero di casa, perché il mio padrino aveva aperto negli anni ’50 un negozio di abbigliamento; ” Paganello” moda maschile, che in breve tempo ebbe un successo straordinario, oggi non se lo ricorderà più nessuno perché : ” così breve é la vita e così lungo l’oblio “. La Galleria era, insieme alla via Roma, considerata il salotto buono di Genova , ma poi arrivo il degrado, la copertura a vetri s’era ammalorata, i grandi lampadari , fusi a Berlino alla fine del XIX secolo , smontati e messi in un deposito anch’essi danneggiati dal tempo e dagli agenti atmosferici. Finalmente, dopo 20 lunghi anni, tutto sembra tornare al suo posto, ne sono felice, anche perché per costruire la Galleria tra il 1866 ed il 1877 furono distrutti il convento di San Sebastiano, il conservatorio di san Giuseppe ed il mitico oratorio di San Giacomo delle Fucine, cancellando per sempre una parte significativa della Genova medioevale.

Paganello moda maschile

La Piazza Cinque Lampadi

Da ragazzo andare in piazza Cinque Lampadi era d’obbligo, lì sotto le volte romaniche dell’antico palazzo della famiglia Cicala, c’era il negozio di “Gaggero ” strumenti musicali, e come tanti ragazzi della mia generazione anche io avevo un ” complesso ” , allora si chiamavano così le band musicali; andavamo a guardare ed a provare, nel mio caso, le chitarre, sbavando per le Fender Stratocaster in vendita, sapendo benissimo che, con le nostre paghette settimanali, non ce le saremmo mai potute comprare. Tornando a parlare della nostra mitica piazzetta, chi fosse interessato a vederla può, partendo da piazza san Pietro in Banchi, imboccare il vicolo di Canneto il Curto (*) e se la trova sulla sinistra. La Piazza si chiama così perché vi é un’edicola Mariana alla quale probabilmente i fedeli accendevano cinque lampade devozionali, esistono anche altre ipotesi sul toponimo da cui deriva il nome della piazza, ma questa mi sembra la più credibile, comunque, per gli amanti dello stile barocco, c’é un altra edicola nei pressi, là dove inizia via dei Conservatori del Mare, raffigura la Madonna della Guardia con il beato Pareto, realizzata in marmo bianco statuario, ha nella parte inferiore cinque lampade. Concludendo, ogni angolo della ” Città Vecchia ” ti regala un ricordo struggente e un piccolo capolavoro di storia e di bellezza.

(*) il vicolo di Canneto il Curto si chiama così perché anticamente lì scorreva un ruscello che aveva le sponde irte di canneti.

Preciso che l’edicola sacra mostrata nella foto si trova all’angolo tra via Conservatori del Mare e Via San Pietro della Porta, dove anticamente era la porta della città nel X secolo, prima della costruzione delle mura dette del Barbarossa.