
A Genova, sin dal 1200, le leghe che vennero usate dagli argentieri per la fabbricazione degli oggetti sacri e profani, dovevano essere uguali, il più possibile, a quelle delle monete in circolazione; tali monete, che potevano essere in argento , oro o rame, coniate nel palazzo della Zecca, dovevano avere un peso ed un titolo ( rapporto tra metallo nobile e non ) prestabiliti, a questi la Serenissima Repubblica di Genova dava un valore legale. Gli oggetti ritenuti di corretta fabbricazione e provenienza venivano quindi punzonati con il marchio della città, marchio che raffigurava un castello stilizzato composto da tre torri delle quali la centrale più alta, questa marchiatura rappresentava simbolicamente l’antica forma” Civitatis Januae” già presente sul sigillo plumbeo del Comune come emblema della nostra città. Tradizionalmente l’immagine sopra descritta viene associata al “Castrum” ossia alla prima roccaforte posta sul colle di Sarzano nel IX secolo a difesa del primitivo nucleo abitato, probabilmente invece si ricollega allo uso tardo medioevale di rappresentare la città come una forma chiusa con una grande porta e torri laterali. Il punzone non garantiva la qualità artistica del manufatto, ma solo quella del titolo del metallo, inoltre era riscontrabile anche la punzonata della data in cui veniva pagata la tassa all’erario, espressa con le ultime tre cifre dell’anno, gli oggetti ecclesiastici erano esenti dal pagare la tassa.
nella foto in alto un punzone della torretta d’un oggetto tassato nel 1816

nella foto candelieri neoclassici punzonati torretta e datati 1792
dedicato a Ferruccio Burlando ed al suo libro: “Percorsi Devozionali nel Levante Ligure ” da cui ho desunto questo post.