DA FARMACIA A MUSEO

“…La strada Lomellina assai larga e spaziosa, dal Fossatello alla strada dei Forni nella direzione di Greco maestosa dirigesi….” così veniva descritta la via Lomellini di Genova da un anonimo viaggiatore del 1818, da tempo dichiarata patrimonio dell’ Umanità dall’ UNESCO, imboccando questa strada da piazza della Zecca verso piazza Fossatello passiamo innanzi a splendide dimore, alla bella chiesa dedicata a san Filippo Neri ed al suo splendido oratorio e dalla parte opposta la facciata d’un palazzo con tre ingressi, da uno inizia un vicolo che conduce alla soprastante via Cairoli, in quello centrale e nel terzo si accede alla casa di Giuseppe Mazzini ora museo del Risorgimento. Viene naturale pensare che per un uomo così grande un prospetto marmoreo con due geni alati contrapposti ed ai lati, vasi istoriati scolpiti in bassorilievo ricolmi di fiori e frutti, siano stati il minimo sindacale per celebrare uno dei protagonisti che contribuirono a costruire la nostra nazione da secoli divisa, ma non é così, quello era l’ingresso d’una farmacia costruita alla fine del XVIII secolo nel palazzo che appartenne agli Adorno, lo stile neoclassico dei fregi ce lo rivela. In questa casa nacque nel 1805 Giuseppe Mazzini che vi visse con la sua famiglia sino al 1809 dopo di ché i Mazzini si trasferirono in un’altra abitazione poco distante. Alla morte del grande patriota avvenuta nel1872, alcuni suoi discepoli comprarono l’appartamento dove nacque per farne un sacrario, dopodiché il sito fu donato al comune di Genova che lo dichiarò monumento nazionale accorpando lì l’Istituto Mazziniano e trasferendo lì il Museo del Risorgimento. Nel Museo sono esposti cimeli delle guerre risorgimentali che si fanno partire dalla ribellione dei Genovesi contro gli austriaci, istigati alla rivolta dal sasso scagliato da un ragazzetto chiamato Balilla contro i soldati che volevano costringere alcuni passanti a spingere un cannone che s’era impantanato a Campetto. Tra i vari oggetti esposti uno mi colpì più degli altri : il bauletto dove furono messi i resti mortali di Nino Bixio, famoso generale di Garibaldi. Dopo la proclamazione del Regno d’ Italia, Bixio s’era imbarcato con Salvatore Calvino nel 1873 partecipando ad un’impresa di navigazione per collegare commercialmente l’Italia con l’Estremo Oriente, in un’isola vicino a Sumatra contrasse il colera e morì, fu seppellito sull’isola di We, ma la tomba fu profanata dagli indigeni, così i poveri resti furono cremati, messi in quel piccolo baule e riportati in patria, dove furono più tardi tumulati nel Pantheon del cimitero monumentale di Staglieno. La scritta in greco sulla porta dell’ex farmacia che corrisponde al latino: “Ars Longa Vita Brevis” sembra una epigrafe dedicata alla sua esistenza.

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