Genova in pandemia

Ho avuto la fortuna di nascere dopo la seconda guerra mondiale, appartengo ad una generazione fortunata, quella per intenderci nata all’inizio degli anni 50 del secolo scorso, no, non era la mitica età dell’oro , la città di Genova era piena di macerie dovute ai terribili bombardamenti degli alleati, c’era l’uomo del ghiaccio che passava ogni mattina con il suo carretto, le massaie scendevano in strada per comprare un cubo di ghiaccio che poi mettevano in ghiacciaia, c’era l’ arrotino che sistemava i coltelli di casa, lo straccivendolo e l’ ombrellaio che riparava gli ombrelli maltrattati dal vento che qui da noi l’ha sempre fatta da padrone, c’era nell’aria una povertà diffusa ma dignitosa e tanta, tantissima speranza nel domani. Oggi negli anni 20 del terzo millennio siamo stati colpiti da un male oscuro al quale non eravamo preparati, stiamo rinchiusi nelle nostre case strapiene di TV , di PC e di cellulari dei quali non possiamo più fare a meno, ma ci manca la possibilità di vedere gli amici, i nostri famigliari, i nipoti perché siamo soggetti a rischio e ci sentiamo soli. Per quelli che hanno le gambe buone, consiglio di fare delle gite ai forti di Genova, immenso patrimonio culturale e storico dimenticato dai più, portatevi poche cose magari un panino con il salame di Sant’Olcese, una borraccia e un termos con il caffè, e passate una giornata in mezzo alla natura, non vi risolverà tutti i problemi che ci ha portato questa maledetta pandemia ma aiuta.

Nella foto vista della città di Genova dal forte Puin

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