
I Lavatoi dei Servi furono l’unica opera pubblica realizzata a Genova nell’evanescente periodo della Repubblica Democratica patrocinata dai francesi, originariamente furono costruiti in via dei Servi sul lato opposto del Rio Torbido, una strada di bottegai, artigiani e popolino per cui quest’opera rispose ad una precisa esigenza di servizio pubblico. Il Barabino, che ne fu l’artefice, sul progetto scrisse di suo pugno: ” …fatti nel 1797 in tempo de’ birboni…” questo per chiarire quanto dovesse essere amato di lì a pochi anni dopo questo “rivoluzionario” periodo storico. La costruzione in stile neoclassico ha un fronte a cinque fornici sormontati da un timpano triangolare sul quale si può leggere: “AL POPOLO SOVRANO, GLI EDILI, LIBERTA’, EGUAGLIANZA, L’ANNO PRIMO DELLA REPUBBLICA LIGURE DEMOCRATICA MDCCXCVII”. Molti anni dopo, negli anni 70 del secolo scorso, uno sciagurato disegno fu portato a compimento, la distruzione quasi totale della “Cheullia” uno dei più antichi e caratteristici quartieri di Genova, con essa scomparvero in una nuvola di calcinacci e macerie la via Madre di Dio, il borgo dei Lanaioli , la via dei Servi ed il passo di Gattamora dove era la casa di Nicolò Paganini. I lavatoi furono risparmiati, smontati e ricostruiti sotto via del Colle vicino a quello che rimane delle antiche mura erette dai genovesi per far fronte agli eserciti dell’imperatore Federico Barbarossa, che giurò di trucidare tutti gli abitanti di Genova stante che si rifiutarono ostinatamente di firmargli un atto di sottomissione. Da allora sono lì abbandonati e preda di vandali e dell’incuria, muto grido di protesta ai giardini sottostanti che furono pomposamente chiamati Baltimora e che i genovesi invece chiamano, in senso dispregiativo, di Plastica. Recentemente il Comune ha deciso un restyling di quest’area in modo da renderla fruibile a tutta la popolazione, é stato detto: ” Il progetto di recupero ( dei giardini Baltimora ) parte dall’obiettivo di rendere i giardini un luogo vivo ed accogliente, dove l’armonia della natura possa innescare la vita sociale, restituiamo alla città un giardino da vivere….” Speriamo che sia vero. qualche segno tangibile in tal senso si comincia a vedere.