Ai tempi in cui visse Gesù, Abgaro , re di Edessa, si ammalò di lebbra, tutte le cure dei suoi medici furono vane, quando gli giunse notizia dei miracoli compiuti da Gesù, mandò a lui un’ ambasceria, per supplicarlo di andarlo a guarire. Gesù fu avvicinato dal capo della delegazione che era un pittore di nome Anania, al quale Gesù rispose che gli era impossibile lasciare la sua terra, ma che il re sarebbe guarito lo stesso se avesse avuto fede in lui. Il pittore allora cercò di fissare su una tela le fattezze del Nazareno, ma inutilmente, allora Gesù prese la tela dopo essersi bagnato il viso e vi impresse le fattezze del suo volto appoggiandosela al viso. Quando Anania tornò dal suo re e gli mostrò il sacro volto, questi prodigiosamente guarì.
Questa leggenda fiorì nel primo secolo, la chiesa non sanzionò mai la tradizione come verità degna di fede, ma preparati specialisti hanno datato il manufatto alla scuola alessandrina,
e quindi ai primi secoli dell’ era cristiana, come abbia fatto a conservarsi nei periodi in cui gli islamici iconoclasti tutto distruggevano é un mistero, per lungo tempo l’ immagine rimase murata e quasi dimenticata sino al 944 dopo Cristo quando venne portata a Costantinopoli e le fu fatta una preziosa custodia d’ oro che ancora oggi conserva. A Costantinopoli rimase sino al 1372 quando l’ imperatore Giovanni V Paleologo la donò al genovese Leonardo Montaldo che lo aveva difeso strenuamente contro la minaccia turca. Il Montaldo lo portò a Genova, ed alla sua morte lo lasciò in eredità ai monaci basiliani. Oggi viene conservato nel caveau d’ una banca, ma una settimana all’ anno viene esposto nella chiesa di San Bartolomeo degli Armeni in Corso Solferino.
Singolare é la somiglianza di questa effige di Gesù con quella dell’ uomo della Sindone.