Domenico Piola ( Genova 1627 – 1703 ) nacque a genova da Paolo Battista, fu avviato all’ arte pittorica dal padre e dal fratello maggiore Pellegro, dopo l’ uccisione del fratello avvenuta in tragiche circostanze, nel 1640 andò a fare apprendistato nella bottega del Capellino, dopo circa 4 anni lasciò il suo maestro per dedicarsi allo studio delle opere di Perin del Vaga e del Castiglione che lo influenzò sia sui temi iconografici, sia nell’ arricchimento d’ un segno più incisivo nella dinamica compositiva, poi avvenne l’ incontro con Valerio Castello dal quale mutuò i suggerimenti decorativi ed un nuovo modo d’ intendere gli effetti scenografici dello spazio, già in questa fase si evidenziano il disegno preciso nella definizione del segno e delle ombreggiature che caratterizzerà tutta la sua produzione. Dopo la precoce morte del Castello, gli succedette in molte importanti commissioni. Nel nono decennio del XVII secolo, dopo il bombardamento di Genova da parte della flotta francese, intraprese un viaggio che lo portò a Milano, Bologna e Asti, quindi nel 1685 ritornò a Genova ed aprì un atelier in vico San Leonardo a cui furono commissionate numerose opere sia a cavalletto, sia a fresco. Nella grande decorazione preferiva i temi mitologici che gli consentivano di sbizzarrirsi in una linea sinuosa, fluente e monumentale, per contro la qualità delle sue opere a cavalletto denota quasi sempre una raffinata capacità pittorica, soprattutto in quelle meno macchinose come il “Rapimento d’ Europa” mostrato nella foto facente parte della collezione CARIGE. La collaborazione con il giovane Gregorio De Ferrari portò al suo linguaggio una più fresca e sciolta leggerezza, nonché un disegno più disinvolto ed un colore più leggero e meno corposo, ma Gregorio intendeva lo spazio come dimensione aperta, cosa che il Piola non recepì mai appieno, infatti il nostro restò sempre vincolato al culto del disegno che non accetta del tutto la libertà d’ uno spazio senza limiti, inoltre non seguire certe regole ” Accademiche ” non rientrava nella sua cultura pittorica. Oltre che dai pittori che ammirava, la sua poetica fu influenzata da scultori quali il marsigliese Pierre Puget e Filippo Parodi che portò a Genova la superba esperienza barocca recepita nella bottega romana del Bernini di cui fu discepolo. Concludendo, dal settimo decennio del XVII secolo per circa vent’ anni questo insigne maestro ed il suo atelier furono gli indiscussi arbitri della Genova barocca.